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I Lati Lunghi "B" e "D"
Lato "B" |
Lato "B" partizione bassa
I° quadro
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II° quadro
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FANCIULLE CHE COLGONO FRUTTI
Gli esperti dicono trattasi delle Espèridi (ma queste erano tre!!).
Figlie di Ocèano o Atlante e di Nyx (Notte), (Egle, Aretusa ed Espere). Vivevano in un giardino dove c’erano i pomi d’oro, il regalo di nozze di Gea a Hera, giardino di letizia paradisiaca, custodito dal drago Ladone.
Siccome nessun mortale sarebbe mai uscito vivo da questo giardino, nella undicesima fatica Eracle si fece aiutare da Atlante per rubare questi pomi.
L'altra figlia della Notte, Eris, cacciata dall'Olimpo da Hera si vendicò lanciando uno di questi pomi tra gli invitati al matrimonio di Peleo e Teti, gridando "alla più bella", nel famoso giudizio del pomo di Paride (tra Afrodite, Hera, ed Atena).
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IL SUPPLIZIO DI SISIFO
Fondatore e sovrano di Corinto, figlio di Èolo e di Enarete.
Riuscì per molto tempo con le sue astute macchinazioni ad evitare sia le condanne che la morte, la sua astuzia ingannava ache gli dei; ma giunta regolarmente la sua ora, fu, questa volta, acciuffato da Ermete per ordine di Zeus, che gli fece pagare tutti i suoi giochini, condannandolo nell'Ade ad issare in eterno per la salita di un monte un macigno, che appena giungeva in cima rotolava in basso. Fu padre di Glàuco avuto con Mèrope. Secondo alcuni era anche il padre di Odisseo che ebbe con Anticlea, prima che questa si unisse con Laerte. Resta ad indicare un impegno gravoso senza nessun utile: la fatica di Sisifo.
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III° quadro
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IV° quadro
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LA TRAVERSATA DI CARONTE
Caronte issa le vele per l'attraversata, e altri due personaggi di cui uno è al timone.
L'altro forse il defunto che lo implora, posandogli la mano sulla spalla, di non indirizzare la barca verso l'Ade.
Figlio di Erebo e di Nyx. Era rappresentato, come un vecchio "bianco per antico pelo" che intorno agli occhi aveva "di fiamme ruote". Mitico nocchiero dell’oltretomba, traghettatore di anime di morti che Ermete gli portava, e che con la sua barca conduceva oltre il fiume Acheronte. Solo l’ombra di chi veniva cremato o sotterrato poteva entrare nel regno dei morti, a questi veniva messa una moneta in bocca per pagarsi il diritto della traversata.
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IL SUPPLIZIO DI TANTALO
Io personalmente non sono assolutamente daccordo con gli esperti che dicono che questa immagine raffigura Tàntalo, ma un bambino con in mano qualcosa ed ai piedi un animale.
Tàntalo invece era il Re di Frigia, figlio di Zeus e della ninfa Plute, condannato, nel Tàrtaro dagli dei per le sue mal'azioni, a soffrire in eterno fame e sete stando sotto un albero carico di frutta e immerso in un lago, senza poter mai raggiungere né i frutti né l’acqua perché al suo protendersi si ritraevano (detto "supplizio di Tàntalo" l'impossibilità di raggiungere uno scopo che pur sembra a portata di mano).
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V° quadro
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DANAIDI
Le 50 figlie di Dànao re di Argo, furono date in mogli ai 50 cugini, figli di Egitto fratello di Dànao e sempre in discordia con lui per via dell’eredità. Esse incitate dal padre uccisero nella prima notte di nozze i mariti, solo Ipermnestra salvò il marito Linceo (poi re di Argo). Secondo la leggenda furono punite da Zeus, che le condannò nel Tàrtaro a versare in eterno acqua dentro botti senza fondo.
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Lato "B" partizione alta
Tritone (nelle lunette esterne)
TRITONE
Divinità marina, figlio di Posidone e della nereide Anfitride (secondo altri della ninfa Salàcia, o ancora di Ocèano e Teti), mezzo uomo e mezzo pesce. È raffigurato sempre insieme alle Nerèidi: il suo incarico era di precedere, come suonatore di una ritorta conchiglia marina (la Turritella), il cocchio di Poseidone, in riconoscimento del servizio resogli, durante la guerra contro i Giganti, messi in fuga dal rimbombante suono di quella specie di corno guerriero marino.
Simboliggiava il rumore della risacca che par di sentire nelle conchiglie, esprimeva quindi il muggito del mare agitato.
Qui rappresentato mente suona la conchiglia turritella avvisando in modo roboante l'arrivo del defunto.
In tutto queste figure sono 4: le altre due sculture sono contrapposte nel "Lato D". |
La Notte (nella lunetta centrale) e le Gòrgoni
NYX (La NOTTE)
Figlia del Caos e di Gea, sposa del fratello Erebo, madre di Ètere (luce del giorno), di Emera (il Giorno), di Hypnos (il Sonno), di Thanatos (la Morte), delle Espèridi e di Nèmesi. Sposa del dio fluviale Acheronte. Era raffigurata che correva, in silenzio, per gli sconfinati campi del cielo su di un nero carro. Era spesso invocata nei giuramenti.
Nella lunetta centrale si vede che sorregge un manto celestiale trapuntato di stelle.
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GÒRGONI
Tre mostri dal corpo femminile con ali d’oro e capelli di serpenti (Medusa, Steno, Eurìale) che pietrificavano chi le guardava. Figlie di Forco e di Ceto. La più nota è Madusa che fu uccisa da Pèrseo aiutato da Atena. La dea, avuta poi in dono la testa di Medusa, la fissò sullo scudo per spaventare e pietrificare gli avversari.
Nelle finestre triangolari che affiancano la Notte sono raffigurate due Gòrgoni.
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La divinità della NOTTE che sovrasta questo Lato "B" abbraccia tutte le figure, ed in modo maggiore quelle della parte bassa dove sono scolpite rappresentazioni riguardanti i miti del mondo sotterraneo, non dimentichiamo che Nyx è sposa e sorella di Èrebo personificazione delle tenebre e dell’oscurità sotterranee, in contrapposizione (come vedremo) con il Lato opposto "D" che è dedicato al Sole.
Lato "D" partizione centrale
Lato "D" |
I° quadro | |
V° quadro |
LAODAMIA PROTESILAO ED ERMETE
Laodamia col velo della contrizione attende che il deo alato Ermete riporta dagli inferi l'amato Protesilao.
LAODAMIA, figlia di Acasto, sposò Protesilao, che fu il primo dei greci a trovare la morte nella guerra di Troia (per mano di Acàte compagno di Enea). Per intercessione di Zeus ottenne che il marito ritornasse in vita per poche ore, ma alla nuova morte di Protesilao, Laodamia non resse al dolore e si uccise.
PROTESILAO, Re dell’Epiro. Il primo che sarebbe sbarcato sulla spiaggia di Troia sarebbe morto, così aveva predetto l’oracolo agli Achei in partenza per la guerra, e cosi nessun guerriero osava metter piede sulla costa troiana, Protesilao, figlio di Ìficle, si sacrificò e venne ucciso da Acàte, compagno di Enea, sulla battigia. Sua moglie Laodamia ottenne da Zeus la grazia di un ultimo colloquio col marito. Ma alla nuova morte di Protesilao, non resse al dolore e si uccise.
ÈRMETE, figlio di Zeus e di Maia. Corriere degli dei, proteggeva i naviganti, i viaggiatori, i commercianti e anche i ladri.
Col nome di Psicopompo accompagnava anche le anime nell’oltretomba. Ermes (rom. Mercurio) deo dell’abilità e della furbizia, inventore della lira, del flauto, delle misure, dei pesi e dello sport.
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ÈRACLE ALCESTI ED ADMETO
Il V° quadro è speculate al primo nella presentazione delle figure.
Admeto saluta la moglie Alcesti di ritorno dall'Ade per mezzo di Èracle.
ADMETO, Re di Fere, partecipò sia alla guerra di Troia che all’impresa degli Argonàuti. Per la sua buona ospitalità Febo lo aiuto ad ottenere in sposa Alcesti figlia di Pelìa re di Iolco, andandola a prendere sul suo carro trainato da leoni e cinghiali.
L’aiutò anche ad ottenere dalle Mòire la grazia di prolungargli la vita, purché un altro fosse disposto a morire per lui.
Quando Admeto si avvicinò all’ultim’ora la moglie Alcesti si offrì di scambiarsi con lui. Èracle impietosito dal fatto la tolse con forza dall’Ade e la ricondusse dal marito.
ALCESTI, figlia di Pelìa re di Iolco e di Anassabia; sposò Admeto il quale, per conquistarla, dovette sottostare alle condizioni imposte, dal futuro suocero, ai pretendenti della sua mano. Admeto riuscì ad accoppiare (con l’aiuto di Febo) ad un carro e farli correre un leone ed una tigre.
ÈRACLE, vestito solamente con la pelle del leone Nemeo e la clava torna dall'Ade nella sua dodicesima ed ultima fatica dopo aver strappato Alcesti dagli Inferi per riportarla all'amato marito Admeto.
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II° quadro | |
IV° quadro |
ZEUS (rom. Giove)
Il più potente di tutti gli dei e signore del mondo, soggetto solo alla volontà delle Mòire. È la massima divinità dell’Olimpo, arbitro assoluto delle sue azioni (e non sempre erano irreprensibili), dio del cielo e dei vari fenomeni atmosferici, ha come simbolo del potere, il fulmine, e col solo corrugare delle sopracciglia, come dice Omero, faceva tremare l’Olimpo.
Figlio di Crono e di Rea, venne sottratto al padre che meditava di ucciderlo per evitare che, secondo la profezia, uno dei figli gli togliesse il trono. Fu nascosto dalla madre sul monte Ida dove fu accudito dalle Ninfe e allattato dalla capra Amaltea, per coprire i vagiti del divino fanciullo, i Cureti e i Coribanti, picchiavano con le spade sugli scudi, facendo un baccano assordante.
Divenuto adulto, tolse il potere al padre Crono confinandolo nel Tàrtaro e regnò sugli dei. Sposò la sorella Hera, ma non si può certo dire che le riponesse fedeltà, benché lei spasimasse di gelosia e cercasse di scombinare le numerose avventure il divino amoreggiava con Temi, con Maia, con Dione, con Dèmetra, con Mnemòsine, con Latona, per non parlare poi delle belle mortali, e per congiungersi con queste spesso si trasformava, in: cigno, toro, aquila, pioggia d’oro ecc. Fu vincitore sui Titani e sui Giganti. Venerato come custode supremo dell’ordine e dell’armonia del mondo, protettore dei re e delle città, dell’assemblee popolari e dei giuramenti.
Da Hera ebbe Efesto ed Ebe; da Latona ebbe Febo e Artèmide; da Alcmena ebbe Èracle; da Dànae, Pèrseo; dalla propria testa generò Atena; ebbe moltissimi altri figli.
Era rappresentato maestoso nell’aspetto, il dorso nudo e le spalle possenti, il fulmine impugnato con la destra, lo scettro e una statuetta della vittoria nella sinistra.
Ai suoi piedi posava un’aquila rapace, nell’atto di fissarsi nei grandi occhi del nume, e le querce erano a lui sacre.
Come i quadri precedenti le due immagini sono perfettamente speculari sia negli atteggiamenti che nel contorno, sono posti ai lati della coppia divina intendi ad fare un'offerta sacrificale.
Speculari anche come il cielo e il mare.
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POSEIDONE (rom. Nettuno)
Dio del mare, figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus, e sposo di Anfitride. Era armato di tridente e manifestava la sua potenza provocando terremoti e maremoti.
Aveva un meraviglioso palazzo in fondo al mare, dal quale emergeva sopra un cocchio costruito su un’immensa conchiglia, tirato da due verdi cavalli, dalle unghie di bronzo, e il corpo finiva nella coda di pesce, simili a Ippocampi. Era preceduto da suo figlio Tritone (avuto con Anfitrite corteggiata da un suo delfino) che suonava una ritorta conchiglia, in mezzo ad un festante corteo di Nereidi.
Quando i Titani mossero guerra a Zeus, egli lo aiutò con tutto il suo potere, e li tenne prigionieri in angusti confini delle regioni occidentali, dove il divino fratello non aveva alcuno dei poteri assegnati invece a lui. Prese parte insieme ad Èaco e Febo alla costruzione delle mura di Troia, ma non ricevendo il tributo pattuito dal re Laomedonte scagliò la sua ira sui troiani, inviando un mostro marino sulle coste.
Era ritenuto il padre dei Ciclopi e dei Lestrigoni, ed ancora di: Cercione, Neleo, Procuste, Pelìa, gli Aloadi ed il gigante Anteo; e con la ninfa Toosa ebbe Polifemo.
Ebbe una fiera contesa con Ares che gli aveva ucciso il figlio, Alirrozio reo di aver tentato di usare violenza ad Alcippe, figlia di Ares; e lo citò a comparire in giudizio dinanzi agli dei, i quali, però, gli diedero torto. Si accanì soprattutto su Odisseo, che gli aveva accecato il figlio Polifemo.
Posidone fece cadere tutta la sua collera vendicativa, perseguitandolo nella lunga peregrinazione verso Ìtaca, con terribili tempeste: e durante una di queste, in vicinanza del promontorio, dove sorgeva la tomba di Aiace Telamonio, (privato, con l’inganno da Odisseo, delle armi di Achille) con un’onda più violenta delle altre, Poseidone strappò le gloriose armi dalla nave di Odisseo e le sospinse, come trofeo di giusta riparazione, sulla tomba di Aiace.
In mare il delfino era l’animale a lui sacro, e sulla terra il cavallo. Veniva raffigurato con chioma fluente, barba lunga, vigoroso ma tozzo, mezzo nudo, con il capo cinto da una verde corona, armato di tridente, temibile, violento e implacabile.
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Pastore |
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III° quadro |
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Pastore |
ADE E PERSÈFONE (rom. Plutone e Proserpina)
Quadro centrale del Lato "D"
ADE gr. Aides (rom. Plutone)
Figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus di Poseidone e di Hera. Dopo la vittoria dei Cronidi (discendenti di Crono) sui Titani, Zeus divise il dominio dell’universo con i fratelli.
Ad Ade toccò il regno dei morti, dove se ne allontanò solo due volte: la prima per rapire Persèfone mentre ella coglieva fiori vicino alla fonte Aretusa (perché per il suo aspetto sgradevole e la sua deformità naturale, nessuna delle dee accettò di diventare sua moglie); la seconda per salire all’Olimpo a farsi medicare la ferita causatagli da Èracle venuto nell’oltretomba per liberare Alcesti.
Ade era, dopo Zeus, il più temuto degli dei per l’inflessibilità dei suoi giudizi. Varie immagini davano ad Ade altrettante leggende: spesso raffigurato in sembianze di uomo maturo, dal viso severo ed accigliato, con una folta capigliatura, lunga barba crespa e, vestito di ampia tunica, con in mano uno scettro forcuto, ed accoccolato ai suoi piedi vicino al trono il tricipite cane Cèrbero. Tra le piante, gli erano sacri il cipresso e il narciso.
Con il nome di Ade i poeti raffiguravano anche il regno del dio (regno delle ombre).
PERSÈFONE gr. Persephoneia (rom. Proserpina)
Figlia di Zeus e di Dèmetra. Mentre Persèfone raccoglieva dei fiori con le Oceànidi e con la ninfa Cione, sua compagna indivisibile, venne rapita da Ade e trascinata nell’Averno. Con immenso dolore Dèmetra percorse varie volte la terra alla ricerca della figlia, fin quando Èlios le svelò l’arcano. Per vendicarsi allora Dèmetra vietò alla Terra di dare i suoi frutti; il genere umano sarebbe morto di fame se Zeus non fosse intervenuto, concedendo a Persèfone di poter ritornare dall’Averno. Ade però, prima di partire gli fece mangiare un chicco di melagrana, legandola così per sempre al regno sotterraneo e da allora doveva tornare un terzo dell’anno negli inferi. Il mito personifica quindi la natura che muore e rinasce con Persèfone a primavera. È raffigurata seduta su un trono d’ebano, coronata d’ebano, con lo scettro in mano. Le erano sacri il narciso, la melograna e il papavero.
PASTORE BUCOLICO
Anche in questo lato troviamo altri due pastori dopo quelli del Lato "C", sono laterali ed accostati alle Cariatidi d'angolo; nel secondo si distingue benissimo (dopo 20 secoli di sepoltura) l'agnello sulle spalle.
Lato "D" partizione alta
ÈLIOS (rom. Sole) (1° timpano triangolare)
Mitologico dio del sole. Figlio di Iperione e di Teia. Fratello di Eos (rom. Aurora) e gemello di Selene. Èlios sulla sua quadriglia alata sorgeva ad est ogni mattina dall’Ocèano per ritornavi ogni sera ad ovest, dopo aver percorso la volta celeste.
Ebbe molti figli: con Gea ebbe Acheronte, con Climene ebbe Fetonte e le sette Elìadi; dall’oceanina Perseide due maschi, Eeta e Perses, e due femmine, Pasìfae e la maga Circe; dalla ninfa Rodo sette figli Elìadi e una femmina: Macareo ecc.
Era rappresentato come un bel giovane dagli occhi lucenti la chioma ricciuta e coperta da un elmo d'oro, ed erano a lui sacri il gallo e l’aquila; a volte ha in mano la lira dalle sette corde, simbolo dell’armonia celeste.
URANO (rom. Cielo) (lunetta centrale)
Figlio e sposo di Gea (che lo avrebbe generato da se), forma con lei la prima coppia divina (cielo-terra) che dà vita ai 12 Titani ai 3 Ciclopi e ai 3 Centimani (Ecatònchiri).
Temendo che i suoi figli volessero detronizzarlo li nascondeva nelle viscere della terra (Tartaro), cosa che provocò il risentimento di Gea, la quale gli istigò contro i Titani.
Il più giovane dei Titani, Crono, lo detronizzò togliendogli ogni potere.
Per non temere il peggio dagli altri discendenti, Urano si evirò, gettando la parte lesa in mare, e così dal suo sangue e dalla spuma marina sarebbe nata Afrodite (rom. Venere).
SELENE (rom. Luna) (2° timpano triangolare)
Dea della luna, figlia di Iperione e di Teia, sorella di Èlios. Raffigurata come una bella giovane con in testa una corona splendente con la mezzaluna, viaggiava su un carro argenteo tirato da cavalli bianchi, e, in mano, una fiaccola accesa. Famoso il suo amore con Endimione. Accoppiatasi con Zeus partorì Pandia (luce di plenilunio).
Ai lati di questa triade di personaggi ci sono le lunette con i TRITONI,
già viste, descritte e contrapposte sul "Lato B".
DECORAZIONI
Su ambo i lati sulle 3 lunette ci sono raffigurate mezze palmette e 4 Sfinge
ma a fianco sulla lunetta di Urano ci sono 2 Leoni che sbranano 2 Tori.
Strana combinazione dei 2 leoni come decorazione; dell'unica
coppia di leoni che se ne parla nella mitologia è quella dei coniugi
Atalanta e Ippomene che profanarono la foresta di Rea cacciando
tori, e per questo tramutati in leoni ed aggiogati al suo carro.
Lato "D" partizione bassa
- Il ratto di Proserpina -
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Scena IIIª (centrale)
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PERSÈFONE (rom. Proserpina)
Figlia di Zeus e di Dèmetra.
Mentre Persèfone era con le Oceànidi e con la ninfa Cione, sua compagna indivisibile, venne rapita da Ade. Zeus intervenne, concedendo a Persèfone di poter ritornare sulla terra. Ade però, prima di partire gli fece mangiare un chicco di melagrana, legandola così per sempre al regno sotterraneo e da allora doveva tornare un periodo dell’anno negli inferi.
Ade sul suo carro mentre Proserpina si dimena, assiste al rapimento uno stalliere che sembra tenere i cavalli imbizzarriti. |
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Scena Iª | |
Scena IIª |
DEMETRA (rom. Cerere) E ARETUSA
Demetra dea figlia di Crono e di Rea sorella di Zeus. Madre di Persèfone (Proserpina) avuta con Zeus e rapitale da Ade.
È la divinità della terra coltivata e delle messi, "madre dell’orzo e del grano" insegnava agli uomini ad arare e seminare perché la loro vita da nomadi potesse finire.
Cercò la figlia invano e non trovandola colpì la terra con la sterilità.
Quando
finalmente, la dea fu avvertita dalla ninfa Aretusa, presente alla scena del ratto, che Ade aveva rapito Persèfone; Dèmetra, si rivolse a Zeus dicendogli che avrebbe ripreso la protezione della terra se imponeva al fratello Ade di restituirgli la loro figlia.
Datosi però che Persèfone mangiò un chicco di melagrana la dea poté ottenere soltanto che la figlia passasse con lei solo parte dell’anno.
Così di conseguenza la terra rimaneva sterile per i mesi invernali, e quando Persèfone tornava dalla madre sbocciava la primavera.
È qui rappresentato il momento in cui Demetra parte sul suo cocchio, alla ricerca della figlia Persèfone, appena saputo la verità da
Aretusa.
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ARTÈMIDE (rom Diana), figlia di Zeus e di Latona. Divinità della caccia, sorella di Febo, era sempre accompagnata dalle sue ninfe, viveva sui monti e nelle foreste armata d’arco. Era la vergine dea della castità più assoluta, vigilava e proteggeva i matrimoni e la fedeltà coniugale. Dura e severa con i delinquenti e gli orgogliosi (v. Nìobe). Rappresenta simbolicamente la luce lunare, così come il fratello Febo quella solare.
ATENA (rom. Minerva), divinità dello Olimpo, nata gia adulta ed armata dal cervello di Zeus suo padre. Lo aiutò valorosamente nella lotta contro i Titani, dal nome di uno dei quali, dopo averlo atterrato, gli fu dato l’appellativo di Pallade.
Una dea dall’aspetto buono ma molto suscettibile delle offese fattele dai mortali, la leggenda attribuisce la metamorfosi di Aracne in ragno; quella di Corònide in cornacchia; quella di Nicomene in gufo; e, alla capigliatura di Medusa in un groviglio di serpi. Pur con il suo aspetto guerriero, era la dea della sapienza, del progresso, della giustizia e della saggezza, protettrice delle scienze, del cucito e delle arti, nonché protettrice di Atene. Vigilava sulla sorte degli eroi più valorosi, come Achille, Diomede, Menelao ed Odisseo. Raffigurata con l’elmo e lancia, l’ulivo il serpente e la vittoria alata.
Vinse su Posidone la gara sulla gestione dell’Attica donando agli ateniesi il dono più bello: l’ulivo, per questo considerata protettrice anche dell’agricoltura.
Le due dee qui rappresentate nel momento che assistono al rapimento.
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Scena IVª
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Scena Vª
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TELLUS dea romana della terra (gr. GEA)
GEA, dea simboleggiante la “Terra”, nata dal Caos insieme ad Urano e sua sposa.
Generò con Urano molti figli e mostri. Era venerata come dea dell’oltretomba, e protettrice dei fanciulli.
È qui rappresentato il momento in cui Tellus attende all'entrata della terra il cocchio di Ade con Proserpina appena rapita.
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EROS (rom. Cupido)
Figlio di Afrodite e di Ares, bellissimo giovanetto, rappresentato nudo, incoronato spesso di rose (fiori a lui sacri), munito di ali d’oro e di un arco con cui scoccava frecce che colpivano indiscriminatamente il cuore degli dei e degli uomini per farli divampare d’amore, a questa legge non si sottraeva neppure Zeus, dimostrando così che l’amore era ritenuto la forza più potente della natura. Neanche la madre fu risparmiata dalle sue frecce. Appena Eros nacque, Zeus, al solo guardarlo, vide quanti guai quel bimbo avrebbe combinato nel mondo, e cercò di convincere la madre che era meglio sopprimerlo. A sottrarlo all’ira del re degli dei la madre lo fece allevare, di nascosto, nei boschi. Appena il divino infante si sentì capace di maneggiare un arco, se ne costruì uno di frassino, e, imparò da sé, esercitandosi contro gli stessi animali che l’avevano nutrito. Eros era considerato la forza che porta ordine nel Caos.
Nella quinta ed ultima scena c'è l'annuncio delle nozze tra Ade e Proserpina da parte di un cocchiere preceduto da EROS (r. Cupido)
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Bibliografia
Moreno Montagna- spunti da “Tesina dei Personaggi Mitologici”
AAVV - spunto tratto da “Museo & Territorio”
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Foto di:
Università del Carnevale
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Prima Parte |
Terza Parte |
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