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1744 - LA BATTAGLIA DI VELLETRI
- I BELLIGERANTI -
L'Antefatto
Pochi anni prima (1734), nell'ambito della Guerra di successione polacca, l'Austria aveva ceduto alla Spagna il Regno di Napoli (che peraltro nel 1707 l'Austria aveva strappato alla Spagna nell'ambito della Guerra di successione spagnola; fino ad allora, negli ultimi due secoli l'Italia meridionale e la Sicilia erano appartenuti alla Spagna come viceregni).
L'autonomia dei regni di Napoli e di Sicilia dalla corona spagnola era stata ottenuta grazie all'azione diplomatica della regina Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna Filippo V, la quale rivendicava per i propri figli, esclusi dalla successione al trono spagnolo da Don Ferdinando (il futuro Ferdinando VI di Spagna), figlio di primo letto di Filippo V.
Dopo aver inizialmente ottenuto il Ducato di Parma e Piacenza in qualità di erede dei Farnese, il 10 maggio 1724 il secondogenito di Filippo V e di Elisabetta Farnese, don Carlos, assunse le corone di Napoli e di Sicilia sottraendoli alla dominazione straniera.
Il giovane regno fu coinvolto pochi anni dopo nella Guerra di successione austriaca: il 13 settembre 1743, il Regno di Gran Bretagna, il Regno di Sardegna e l'Arciducato d'Austria avevano firmato a Worms un trattato in base al quale si impegnavano ad allontanare i Borboni da Napoli e dalla Sicilia, in cambio della cessione al Re di Sardegna, da parte dell'Austria, di Piacenza e di parte della Lombardia. Come reazione, la Francia e la Spagna sottoscrissero un nuovo patto di famiglia contro i firmatari del trattato di Worms, fra l'altro con l'intento di ottenere anche i Ducati di Milano e di Parma che avrebbero dovuto essere consegnati a Filippo di Borbone, il secondogenito di Elisabetta Farnese e Filippo V di Spagna.
I fronti
Nel maggio 1744 le forze austriache si erano attestate a Genzano di Roma, sul bordo del Lago di Nemi guidate dal principe Johann Georg Christian von Lobkowitz, il quale fronteggiava le truppe ispano-napoletane guidate da re Carlo e dal Conte di Gages, accampate pochissimi chilometri più a sud, sul monte Artemisio, a Velletri. I due opposti eserciti rimasero a guardarsi per parecchio tempo.
Descrive così lo storico Pietro Colletta la disposizione degli eserciti:
«La città di Velletri siede in cima di un colle, intorno al quale scende il terreno in ripide pendici, coltivate ad oliveti e vigne. Nel fondo di ogni valle, che sono tre, scorre un piccolo torrente; e poi le convalli verso il settentrione e l'occidente, salendo più ardite per succedenti rupi e montagne, hanno termine al monte Artemisio, quattro miglia, o più, lontano da Velletri.
Il campo di Carlo aveva il corno destro incontro al detto monte, il sinistro verso la porta che dicono Romana, il centro nella città: la fronte del campo era guardata più che munita: poco indietro a lei, sul colle de' Cappuccini, stavano disposte a parco militare macchine, artiglierie; ed accampate molte squadre per soccorso e sostegno della prima fronte: campi minori succedevano, sia per guardia di alcun luogo, sia per comoda stanza dei soldati; così ordinate le cose che in breve tempo e per segni tutto l'esercito sarebbe in armi.
Una fonte perenne che abbelliva la piazza della città e rallegrava gli abitanti mancò, perché il nemico, rompendo i canali, deviò l'acqua: ed il campo scarsamente ne aveva, con fatica e per guerra, da piccola vena scavata nel fondo di una valle, tre miglia lontano dalla città. Le vettovaglie abbondavano, provvedendole a Carlo largamente l'amore de' soggetti.
L'esercito contrario accampato negli opposti monti spiava tutta l'oste del re, numerava gli uomini, le armi, stava coperto dalle montuosità del terreno: abbondava d'acqua, scarseggiava di viveri, benché Roma ed altre città fruttassero a lui. Le posizioni più valide non vantaggiavano Lobkowitz, che per assaltare il campo nemico, dovea portar le schiere nel fondo delle valli dominate da esercito più forte. »
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"Carlo Borbone"
Carlo Sebastiano di Borbone (Carlos Sebastián de Borbón y Farnesio;
Madrid, 20 gennaio 1716 – Madrid, 14 dicembre 1788) è stato duca di Parma e Piacenza con il nome di Carlo I dal 1731 al 1735, re di Napoli e di Sicilia senza numerazioni (era Carlo VII di Napoli, secondo l'investitura papale, ma non usò mai tale ordinale; era invece Carlo V come re di Sicilia) dal 1735 al 1759, e da quest'ultim'anno fino alla morte re di Spagna con il nome di Carlo III (Carlos III). |
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La battaglia
Complessivamente l'esercito borbonico-napoletano era composto tra spagnoli, valloni, svizzeri, tedeschi, macedoni e irlandesi, da: 16.000 fanti e 5.000 cavalieri. I primi generali furono: Nicolò di Sangro, comandante di fanteria; Francesco d’Evolio, comandante della avanguardia; e da Francesco d’Eboli, duca di Castropignano, comandante della cavalleria.
L’avventura del nuovo esercito iniziò bene, con la vittoria in campo aperto a Bitonto del 25 maggio 1734 per poi proseguire con la conquista delle fortezze di Pescara, di Gaeta e di Capua per sottrarre il Regno di Napoli agli austriaci. Anche la Sicilia fu sottratta all’Austria; Messina, Trapani e Siracusa furono le città che opposero più resistenza.
Nel 1740 Carlo III inviò 12.000 soldati in soccorso degli spagnoli nell’Italia centrale contro gli austriaci, senza successo, in quanto il duca di Montemar, comandante spagnolo, aveva compromesso l’esito delle battaglie, subendo le sconfitte a Rimini e a Foligno.
Nel 1744 gli austriaci sconfissero gli spagnoli comandati dal conte di Gages, che aveva sostituito l’incapace Montemar, e si avvicinarono minacciosamente ai confini del Regno.
Il 25 marzo re Carlo di Borbone si mise alla testa di 20.000 soldati in marcia verso l’Abruzzo, lasciando a Napoli come su vice don Michele Reggio, comandante generale della flotta marittima; e si accampò a Velletri.
Gli austriaci godevano ancora di numerosi informatori; il generale Brown (irlandese al soldo dell’Austria) convinse, dietro lauto compenso, i reggimenti irlandesi a disertare nella notte del 10 agosto, lasciando così senza difesa il lato ovest della città.
All'alba dell'11 agosto 1744 Lobkowitz attaccò di sorpresa Velletri puntando sull'ala destra avversaria. Dapprima la mossa sembrò essere riuscita: lo schieramento delle truppe spagnole, colte di sorpresa, venne scompaginato e lo stesso re Carlo, preso di sprovvista nel sonno, riuscì a stento a sottrarsi alla cattura fuggendo in camicia da notte dal palazzo Ginetti dov'era alloggiato.
Gli Austriaci, tuttavia, credendo di aver già vinto, si diedero al saccheggio della città, permettendo al conte di Gages ed al re di riordinare le truppe Borboniche, i primi a contrattaccare furono i reggimenti interamente napolitani “Corona”, “Terra di Lavoro” e “Capitanata”, quest’ultimo guidato dal Colonnello Raimondo di Sangro, principe di San Severo, seguiti dai soldati spagnoli comandati dal generale Gages che erano accampati nei pressi di Velletri. La vittoria che si protrasse fin dentro le mura cittadine fu schiacciante, ma si contarono 2.700 perdite tra le file austriache, e 3000 napoletani, e anche 1148 veliterni morirono negli scontri.
Il principe von Lobkowitz fu costretto a rinunciare alla conquista del regno di Napoli, e il 1° novembre si ritirò a Pontemolle, quindi per Viterbo e Perugia, arrivando fino nei pressi di Rimini, Pesaro, Forlì, Cesena per svernare; mentre il tenace contrattacco ispano-napoletano permise la sopravvivenza del giovane Regno, Carlo III potè così entrare in Roma con il genarale Gages e Francesco d’Eboli, duca di Castropignano, comandante delle truppe napoletane.
La battaglia di Velletri ebbe risonanza a livello internazionale, per la prima volta, uno stato italiano (Regno di Napoli) aveva combattuto e vinto contro l'esercito imperiale Austriaco. Per il grande coraggio dimostrato in battaglia, il re di Sardegna Carlo Emanuele III, alleato dell'Austria, scrisse dopo la guerra al suo ambasciatore a Napoli, conte Solaro di Monasterolo, che re Carlo «aveva rivelato una costanza degna del suo sangue e che si era comportato gloriosamente».
L'unione del Regno di Napoli e Regno di Sicilia iniziò nel 1735, e rimase in vita fino al 1861.
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"Carlo di Borbone"
Il trionfo alla battaglia di Velletri
di Francesco Solimena 1744 - Reggia di Caserta |
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Castruccio Bonamici (Lucca 1710 – †1761), letterato italiano.
Castruccio Buonamici (1710-1761), della nobile famiglia dei Conti Buonamici (o Bonamici) di Lucca, fu dotto latinista. Approfondì gli studi storici, compiendo numerosi viaggi e meritandosi l'ammirazione del Giordani. Fratello di Filippo (1705-1780), anch'egli latinista, che fu chiamato a Roma dal conterraneo Giovanni Vincenzo Lucchesini, all'epoca Segretario di Brevi Pontifici durante il pontificato di Benedetto XIV, e divenne Segretario delle Lettere Latine in Vaticano e quindi Canonico Lateranense.
Il "Delle cose operate presso Velletri nell'anno 1744, e della Guerra italica" comparve, in latino, nel 1746 a Lione e costituisce forse la fonte primaria per la ricostruzione della celebre battaglia della guerra di successione austriaca combattuta appunto nel 1744 presso Velletri tra le truppe austriache del principe Cristiano di Lobkowitz e quelle ispano-napoletane del re Carlo di Borbone, che ne uscì vincitore.
Egli stesso difatti partecipò alla battaglia di Velletri, come guardia del corpo di Carlo di Borbone, narrando poi la vicenda nel suo "De rebus ad Velitras gestis"; fu inoltre autore del "De bello italico" (1751) che, in tre libri, riporta gli avvenimenti in Italia durante la guerra di successione austriaca.
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"Castruccio Bonamici (Lucca 1710 – †1761)"
Ritratto dell'Autore all'antiporta, disegnato da
Vincenzo Bartolomei e inciso da Giovanni Canocchi.
La prima edizione dell’opera del Bonamici è con falso luogo di stampa.
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"Jean-Bonaventure-Thiéry Dumont, conte di Gages"
soprannominato GAGES (Mons 1682 - †Pamplona 1753) |
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Jean-Bonaventure-Thiéry Dumont, conte di Gages.
Alla fine del settembre 1742 fu nominato comandante dell'esercito spagnolo in Italia e condusse, come Comandante Generale, le truppe ispano-napoletane in Italia nel corso della "guerra di successione austriaca", contro gli austriaci ed i loro alleati del Regno di Sardegna.
L'8 febbraio 1743 combatté contro gli austriaci guidati dal feldmaresciallo Otto Ferdinando von Traun nella battaglia di Camposanto, uscendone sconfitto, anche se gli spagnoli considerarono l'esito dell'aspro combattimento una loro vittoria, tanto che Dumont venne insignito del titolo di conte di Camposanto.
L'anno successivo, a fronte di una notevole superiorità numerica del nemico, fu costretto a ritirarsi nel territorio del Regno di Napoli. Il successo di queste azioni militari fu molto apprezzato da Federico II. Come comandante delle truppe napoletane, il conte de Gages, in previsione di una ripresa delle ostilità, si spostò al confine con lo Stato Pontificio, non lontano da Velletri. Nella notte tra il 10 e 11 agosto 1744, venne improvvisamente attaccato dal corpo austriaco del principe von Lobkowicz: nel corso di una battaglia estremamente sanguinosa, Re Don Carlos venne quasi catturato, ma le Guardie vallone furono in grado di salvarlo e gli austriaci dovettero ritirarsi con gravi perdite. Alla fine della battaglia, il conte de Gages si assunse la colpa per le pesanti perdite scrivendo al re di Spagna, il quale apprezzando il gesto di umiltà lo ricompensò nominandolo cavaliere del Toson d'oro.
Parteciparono attivamente alla battaglia sotto la bandiera del Regno di Napoli:
IGNAZIO LANZA (nato a Capua nel 1724, nel palazzo Lanza - †...), secondogenito di Biagio senior e di donna Rachele de’ Liguoro, Nobile del Seggio di Portanova in Napoli. Fu Capitano del Reggimento di fanteria provinciale di Contado del Molise, nel 1744 prese parte, al seguito di Carlo di Borbone, alla battaglia di Velletri contro gli imperiali. Sposò donna Maria Santacroce, Nobile di Barletta, risiedendo in Napoli. Ignazio è menzionato dallo storico Monsignor Granata, nella sua Storia civile della fedelissima città di Capua (Napoli, 1756), tra gli Ufficiali che a Velletri mostrarono pel loro Sovrano un sommo coraggio, essendosi ben distinti e segnalati nel valore e nella gloria.
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"Stemma della Faniglia Lanza"
D’azzurro, alla banda d’argento fusata di due file
di rosso, accompagnata in capo da un giglio d’oro. |
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REGGIO STEFANO (Palermo 1700 ca. - †1790 Napoli), figlio primogenito di Luigi Reggio Branciforte e di Caterina Gravina, fu 5° Principe di Campofiorito (1758), 4° Principe di Aci Sant’Antonio e San Filippo (1758), Marchese della Ginestra, Barone di Valguarnera, di Regali, di Conteraineri e di Vatticani, Grande di Spagna di 1^ Classe (1758), Cavaliere dell’Ordine di Malta (1758).
Nel 1718 fu iscritto alla scuola Reale dei Guardiamarina fondata in Spagna, nel 1724 dalla Marina passò all’esercito di terra. Nel 1734 combatté nella battaglia di Bitonto (con la sua Fanteria di Parma) che si concluse con la completa vittoria del generale spagnolo, Conte di Montemar, sul generale austriaco Belmonte.
Partecipò anche alla Battaglia di Velletri (1744) condotta da Carlo di Borbone contro gli Austriaci, in difesa del Regno di Napoli.
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"Stemma della Faniglia Reggio"
D'azzurro alla fascia di oro, accompagnata da quattro stelle
dello stesso, tre in capo ordinate in fascia, ed una in punta. |
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BARTOLOMEO II DI CAPUA (1716 †1792), del ramo dei principi della Riccia, si estinse nel 1792, ultimo Gran Conte di Altavilla e duca di Airola, figlio di Bartolomeo senior (Airola, 1680 - †Resina, 1715) e di donna Anna Cattaneo.
Nella guerra tra Spagnoli e Austriaci per la conquista del Regno di Napoli Bartolomeo II parteggiò per Carlo di Borbone-Farnese. Partecipò col grado di Capitano alla Battaglia di Velletri nel 1744, qui si distinse per un atto di alto coraggio, facendo da scudo a Carlo III e salvandogli la vita; rimase, però, gravemente ferito. Da quel giorno Carlo uscito vincitore, ebbe grandi riconoscimenti per Bartolomeo II di Capua, concedendogli incarichi lautamente ricompensati e, permise a lui e alla moglie Costanza Caetani di sedere al teatro San Carlo di Napoli nel palco vicino al suo. Intorno al 1750 il principe della Riccia Bartolomeo II ordinò al pittore Francesco de Mura di dipingere, nella volta del Salone delle Feste del Palazzo Di Capua a Napoli, "il salvataggio di Carlo III, da parte di Bartolomeo II". Nel 1942 l’affresco fu bombardato e nel 1950 il duca di Marigliano, proprietario in quegli anni del palazzo, lo fece restaurare e ricostruire (ne restava però solo una parte).
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"Stemma della Faniglia Di Capua"
D'oro, alla banda d'argento accostata da una gemella di nero.
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FRANCESCO MARIA SOZY CARAFA (Castello di San Nicola Manfredi, 1702 - †Napoli 1752), primogenito di Nicola e di Anna Maria Merenda, patrizio di Benevento e barone di San Nicola Manfredi, terra in Principato ultra, fu comandante di una compagnia nella battaglia di Velletri nel 1744.
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"Stemma della Faniglia Sozy Carafa"
Inquartato: nel 1° e nel 4° d'oro (alla famiglia Sozy) all'orso rampante al
naturale; il 2° e il 3° (alla famiglia Carafa) di rosso alle tre fasce d'argento.
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ORAZIO AREZZO (Modica, 1709 - †Napoli, 1796) fu colonnello nel reggimento R. Farnese; partecipò alla battaglia di Velletri del 1744 ottenendo il grado di brigadiere generale. Con privilegio del 1748 ottenne il titolo di marchese sul cognome, fu poi nominato capitano generale del Regno di Napoli sotto re Carlo e re Ferdinando IV Borbone; fu cavaliere dell’Ordine di San Gennaro (1789) e supremo prefetto della città di Napoli; sposò la marchesa Donna Maria Fitzgerld Browne dei duchi di Linster (Dublino d’Irlanda, 1730 - †Napoli, 1797).
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"Stemma della Faniglia Arezzo"
Inquartato d'oro e d'azzurro ad un riccio (o porcospino)
in ciascun quarto dell'uno nell'altro.
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PALMIERI GIUSEPPE, marchese di Martignano. - Economista (Martignano, Lecce, 5 maggio 1721 - †Napoli 30 gennaio 1793). Entrato dapprima nell'esercito come alfiere nel reggimento Real Borbone, aveva combattuto contro gli Austriaci nel 1744 a Velletri in qualità di aiutante maggiore delle Guardie italiane. Arrivò al grado di tenente colonnello nel 1759, scrisse molte opere importanti, tra cui, nel 1761 pubblicava le "Riflessioni critiche sull'arte della guerra" che ebbero grande diffusione all'estero e furono lodate da Federico il Grande.
Lasciò la carriera militare tre anni dopo, divenne un convinto promotore del progresso agricolo del Salento ed un appassionato divulgatore delle scienze economiche. Fu membro nel 1787, e nel 1791 due anni prima della morte, capo del Supremo Consiglio delle Finanze del Regno di Napoli. Sostenitore dell'abbattimento del regime feudale, fu promotore di leggi per le scorte di cereali e delle altre derrate alimentari e di riforme di codici e di istituti.
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"Giuseppe Palmieri"
Nato a Martignano (LE) nell'allora Terra d'Otranto nel 1721 - †Napoli 1793,
fu un'importante personalità dell'Illuminismo italiano.
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REGGIMENTO PROVINCIALE DI FANTERIA «Abruzzo Ultra» di Ruggiero di Castiglione.
- - L'ufficiale Alessandro Antonelli (L'Aquila 1725 - †...) è erroneamente indicato come D'Alessio Antonelli. S'arruolò giovanissimo col reggimento provinciale «Abruzzo Ultra», dove ottenne nel 1743 il grado di capitano, partecipando nel 1744 alla Battaglia di Velletri contro gli austriaci. Contribuì ad erigere le fortificazioni intorno al monte de' Cappuccini e allo sloggiamento delle truppe asburgiche dalla Fajola. Secondo il suo comandante, il colonnello e cavaliere Gaetano Caracciolo di Napoli, possedeva una bella attitudine per le scienze matematiche.
- - Il sacerdote don Marc'Antonio Pasquale (Avezzano 1717 - †...), s'arruolò il 1° novembre 1743 col reggimento provinciale «Abruzzo Ultra», sei giorni dopo fu promosso caporale e il 1° dicembre sergente, con la funzione di cappellano militare. Partecipò alla Battaglia di Velletri contro gli austriaci. Nel 1752 era nella «loggia militare» di Capua presieduta dal capitano Alessandro Antonelli.
- - L'ufficiale Francesco Romanelli nacque a L'Aquila nel 1725 da nobile famiglia - †... . Arruolatosi col reggimento provinciale «Abruzzo Ultra», fu promosso alfiere il 6 gennaio 1744 e partecipò alla Battaglia di Velletri
contro gli austriaci. Contribuì ad erigere le fortificazioni intorno al monte de' Cappuccini e allo sloggiamento delle truppe asburgiche dalla Fajola. Fu promosso alfiere dei granatieri il 15 ottobre 1749 e tenente dei granatieri il 10 aprile del 1751.
Parteciparono tra le file austriache:
MARULLI FILIPPO, nobile di Barletta, ufficiale comandante alle dipendenze di Eugenio di Savoia, comandò il Reggimento Marulli agli ordini del Feldmaresciallo von Lobkowicz.
Cavaliere della Chiave d’Oro delle Loro Maestà Imperiale, Governatore dei Paesi Bassi, ufficiale comandante alle dipendenze di Eugenio di Savoia, ebbe l'onore di comandare il Reggimento Marulli alla battaglia di Velletri del 1744 agli ordini del Feldmaresciallo von Lobkowicz.
Con anzianità il 5 agosto 1752, fu nominato Luogotenente Maresciallo di Campo Imperiale.
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"Stemma della Faniglia Marulli"
D’azzurro al leone illeopardito d’oro sormontato da una crocetta patente scorciata dello stesso.
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LASCY Giuseppe Francesco Maurizio, conte di Lascy (Pietroburgo 1725 - †Vienna 1801).
Passò al servizio d'Austria nel 1744, la prima guerra da lui combattuta fu quella d'Italia, come aiutante di campo del conte Browne, ed ebbe tre cavalli uccisi sotto di sé nella Battaglia di Velletri.
Né comparve con minor onore nelle campagne susseguenti, e si segnalò particolarmente nell'assedio di Maestricht nel 1748, il che gli meritò il grado di colonnello. Egli ebbe l'onore di salvare l'esercito austriaco nel 1756 a Lowositz, in cui fu gravemente ferito.
Guarito, ottenne altre vittorie, che gli valsero i gradi di: generale maggiore, luogotenente generale, capo di stato maggiore e generale di artiglieria l'anno seguente. Nel 1760 penetrò fino a Berlino alla guida di 15.000 uomini. Tale spedizione sì ardita gli fruttò la collana di commendatore dell'ordine di Maria Teresa, e nel 1762 sua la sovrana gli mandò il bastone di maresciallo, accompagnato da una lettera di sua mano.
Alla morte di Maria Teresa i suoi lavori ministeriali ebbero una grande attività. Il generale Lascy fu di un valore luminosissimo sia in guerra che in gabinetto di corte a seguir la patria.
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Volta del Salone delle Feste - "La Battaglia di Velletri"
Palazzo Marigliani (NA) - Frammento di Affresco di Francesco De Mura, 1750
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Volta del Salone delle Feste - "La Battaglia di Velletri"
Palazzo Marigliani - Frammento di affresco del lato opposto della volta
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Volta del Salone delle Feste - "La Battaglia di Velletri"
P.zzo Marigliani, frammento volta - a sx: (battaglia...) Velletri (e la firma...) De Mura
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GIUSEPPE VERDI
Il terzo atto de “La forza del destino” di Giuseppe Verdi si svolge infatti a Velletri, alla vigilia dello scontro con le truppe austriache.
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"Opuscolo per il Teatro alla Scala del 1869"
Edito dalla Ricordi
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"La Forza Del Destino"
Tutte le quattordici scene del terzo atto si svolgono nel territorio di Velletri.
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Bibliografia
Notizie e Foto da:
- Wikipedia inciclopedia libera.
- "Storia dell'esercito borbonico" di Tommaso Argiolas.
- "Storia del Reame di Napoli, Regno di Carlo di Borbone (1734-1759)" di Pietro Colletta.
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