Un  Antichissimo  Carnevale
(sicuramente prima del 1305)


 
 
     

    Manifesto del Carnevale in 4 pezzi colorati
    Programma dal 19 febbraio 1881

     

PICCOLA STORIA
Nel 1305 con il Papa ad Avignone, Velletri perde tutta la sua autonomia ed anche i suoi divertimenti, e il 13 novembre del 1312 in Campidoglio, si stabilisce che il Podestà ed il Giudice dovevano essere romani, un periodo critico, anni segnati da guerre ed anche da lotte interne.
Tra le molteplici pretese che Roma impose a Velletri in questo cupo periodo, c’era anche: l’invio annuale a Roma di cera extra per la festa dell’Assunzione, l’acquisto del sale e l’invio di sei giocolieri (luxores) nel sabato e nell’ultima domenica prima della quaresima dal Carnevale di Velletri verso i carnevali sia di Campo Testaccio sia del Foro Palatii Capitolini, ed in aggiunta: …Civitas Velletri… tenetur mittere omni anno in festo Corporis Christi bravium aureum unum pro quo solvi consuevit curr florenos…
Ancora un altro vecchio documento del febbraio 1346 porta la notizia che quattro delle Decarcìe, quelle in cui vi risiedevano i ghetti, avevano l’autorizzazione e l’obbligo di pagare i “ioculari” (i giochi) del Carnevale con i “balagnini” tassati appositamente agli ebrei.
Per sottrarsi da queste imposizioni annuali, il Municipio di Velletri si appellò per ben quattro volte ai due papi che si susseguirono: a Paolo II° il 13 giugno 1470, e a Sisto IV° il 20 gennaio 1473, il 20 maggio 1476 e il 25 marzo 1483.
Già dal 18 aprile 1374 con la risoluzione di pace con Roma, la nomina di un Podestà veliterno ed il ritorno poi del Papa a Roma, Velletri acquista in brevissimo tempo, un lungo, ricco e florido periodo di benessere, che si riflette anche sui lussuosi carnevali dell’epoca.
Se Sisto IV° acconsentì a rimuovere le imposizioni di Roma Capitolina, dipese anche dal fatto che, Lui fu nepotista sfrenato, e che, il cognato Card. Riario che spadroneggiava a Roma e contro gli Orsini e i Colonna, mise una buona parola per la città, dato che anche Velletri era acerrima nemica delle due casate.

 

Velletri - Corsa all'Anello del Carnevale
Corso Vittorio Emanuele II - 20 feb. 1939

 

Già da questo rigoglioso periodo ci arrivano cenni sulla storica Corsa dello Anello nel periodo di Carnevale che quasi incessantemente si è protratta fino alla metà dei nostri anni 50, quando per il disinteresse dell’Amministrazione verso il Carnevale e qualche incidente verificatosi, non fu più effettuata.
Il rapporto con gli animali, specialmente con i cavalli, era molto radicato a Velletri, e l’Università dei Mulattieri e Carrettieri intorno agli anni 1957/58, cioè qualche anno dopo, ricostituì una Corsa all’Anello quasi identica, ne anticipò la data, la fece propria e la inserì nei festeggiamenti di Sant’Antonio Abate.
Solo nel 1983 ci fu un parziale riaccostamento al Carnevale, fu riproposta la Corsa all’Anello abbinandola alle varie Circoscrizioni/Decarcìe, e si riparlò di realizzare un nuovo Arco dell’Anello, ma ahimè l’inerzia burocratica è più veloce della marcia indietro, e con i primi passi sul terzo millennio si sa di sicuro che gli alberi per il nuovo Arco non sono stati ancora piantati.

Ricerche di Moreno Montagna

 

Progetto del nuovo Arco dell'Anello:
frontale, laterale e sezioni (1834)

 



. . . . e poi, in alte sfere qualcuno diceva che voleva il Carnevale anche d'estate ! ! ! !
Così lo ZAC ci ricamò subito una poesia. (dal Semiserio 2001)

CARNEVALE   D'ISTATE

Nu' ve stracchete tutti mó a febbraro,
smettete de zompane, porca l'oca!
Teneteve ca' mmaschera, ca' ccaro,
pecché se dice che a luglio s'ariòca.
Quaresima 'n ci'amanca, e 'n ce fa male
a ffàssene po' ppiù, de Carnevale.

Ammàggina po' tu, comme t'ammazza
'n carnevale a quaranta gradi a l'ombra...
sudati comme puorchi 'mmiezz' a piazza...
i coriàndogli, me dici chi s' 'i crompa?
Pe' tutto 'o Corzo, d' 'a mmatina a 'a sera,
ne caderànno nemmanco uno, 'n tera.

Chi s' 'i riccoglierà 'mbiastrati 'n faccia,
chi sotto 'e scelle, quanno sarà luglio!
'A sera 'n casa, po', varemo a caccia
de tutti chilli appiccicati 'n cuglio.
Ma chesto se vedrà. Mó, bene o male,
puro chist'anno stemo a carnevale...

Febbraio 2001               R. Zac.






Testata: Bartolomeo Pinelli 1820 (particolare del carnevale)

Fino al 1870, nella Roma papalina il Carnevale è stato un appuntamento molto atteso dai romani e vissuto con grande partecipazione come il solo momento per dimenticare una vita dura, colma di miseria e privazioni. "Re per un giorno" il popolo diventava protagonista dimenticando le rigide regole quotidiane imposte dal papa e riversandosi nelle strade con licenza di divertimento.
Ogni ordine sociale era sovvertito ed ogni scherzo era concesso in quei giorni di temporanea follia collettiva. Per l'occasione via del Corso si trasformava in un teatro all'aperto dove alle maschere tradizionali "Cassandrino, Rugantino e Meo Patacca" si aggregavano costumi tratti dalla vita quotidiana: "il medico", "il brigante", "il nobile", assolutamente vietate maschere religiose.
Piazza del Popolo era invece il punto di partenza per una sfrenata corsa nelle vie della città dei cavalli berberi. L'atto conclusivo del Carnevale, la sera del Martedì Grasso, era la suggestiva "Corsa dei Moccoletti", fatta cioè reggendo candele o lumini e tentando, nel correre, di spengere le fiammelle altrui.
Tutti gli avvenimenti erano vissuti come uno spettacolo di irresistibile fascino dai viaggiatori stranieri in visita nella città e dagli artisti, che li descriveranno con entusiasmo nei loro scritti e nei loro dipinti.