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I sismografi comuni, ne’ quali uno o più pendoli a filo elastico
dovrebbero oscillare per l’urto del terremoto, talvolta non ne
danno alcun indizio, anche se le scosse sieno abbastanza forti.
Il primo che studiasse accuratamente questa tanto variabile
sensibilità dei pendoli fu il padre Cavalleri: ed egli ne trovò la
ragione nel vario rapporto tra la lunghezza de’ fili pendolari e quella
delle onde sismiche, come accade per le corde sonore e le onde
acustiche. Più tardi il chiarissimo signor professore Michele
Stefano De-Rossi, al quale dobbiamo il grande sviluppo che da
parecchi anni va prendendo la sismologia italiana, con nuove e
svariate ricerche su questo importante argomento è venuto alla
medesima conclusione: e chiunque siasi occupato con assiduità
di osservazioni sismiche, e specialmente delle microsismiche,
avrà notato più d’una volta, che per qualche scossa il moto del
pendolo era appena rivelato dal microscopio.
Quindi la necessità di costruire strumenti, che abbiano almeno
qualche condizione indipendente dalla lunghezza e dalla
durata dell’onda sismica, ricorrendo, per esempio, ai pendoli
rigidi e pesanti, come ha fatto il chiarissimo padre Cecchi nel suo
ingegnosissimo sismografo, ordinato principalmente a raccogliere
le più minute circostanze delle forti scosse; o introducendo altri
artificii, come quelli immaginati dal Mallet e dal nostro illustre
e venerando Palmieri; ovvero usando più pendoli di varia
lunghezza e di vario peso, come nel sismografo a registrazione
continua del professor De-Rossi. Ma cotesti sono apparecchi da
osservatorio, e non possono stare in mano di qualunque persona.
Non è dunque opera inutile il costruire sismografi che alla
prontezza del moto uniscano una grande semplicità di meccanismo;
massime a questi tempi, in cui molti privati entrano
volenterosamente nella schiera degli osservatori, e forniscono alla
sismografia dati preziosissimi per l’analisi de’ fenomeni e per lo
studio della loro natura.
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A tale scopo ho fatto eseguire un nuovo modello di sismografo, il quale è qui rappresentato prospettivamente ed in
maniera, che le sue diverse parti appariscano distinte, senza
bisogno di segni speciali.
Sulla linea mediana di una lastra di marmo sono fissate a
vite le due estremità d’una grossa verga di ottone curvata in
alto. Avanti ad essa si veggono due colonnine metalliche,
anch’esse solidamente fissate a vite, e terminate da uno scodellino
col fondo di pietra dura, su cui s’appoggia verticalmente la punta
d'un ago saldato ad una lunga asta d’ottone.
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L’asta è obbligata a reggersi diritta dal peso d’un grosso
anello metallico, che le si unisce per mezzo di quattro verghette
convergenti alla sua base emisferica. Così si ha veramente un
pendolo rigido, che non soffre alcun attrito al suo punto di
sospensione; e intanto l’ampiezza delle sue oscillazioni vien
moltiplicata alla estremità superiore dell’asta soprapposta secondo
il rapporto della sua lunghezza.
Ma il pregio ili questa forma pendolare sta principalmente
nella grande lunghezza dell’asta rispetto a quella del pendolo:
talché basta il più piccolo tremolio del sostegno, perché il centro
di gravità del sistema e le due estremità del suo asse di
figura escano dalla verticale che passa pel punto di sospensione.
L’asta più lunga termina in un dischetto d’argento brunito
con un puntino nero nel centro, sul quale si dirige il microscopio
per le osservazioni microsismiche. Ma quando non possa
ottenersi una illuminazione piuttosto viva, torna meglio piantare
sull’asta un ago sottilissimo e disporre il microscopio orizzontalmente,
di maniera che il suo asse ottico passi, girando, per
tutti i piani verticali che si tagliano sull’asse dell’ago medesimo.
La luce d’una finestra o d’una candela sarà allora più che
bastevole per illuminare la scala micrometrica.
L’asta più corta regge un leggero telaio, sul quale si incastra
un quadrato di carta “glacé” affumicata. Sopra la superficie
di questa carta s’appoggia la punta d’un ago, retto da una leva
mobilissima (che nella figura si vede alzata), ed appena squilibrata
nel braccio che porta l’ago.
Ora è chiaro, che per un urto
orizzontale ricevuto dal sostegno in qualunque senso, il pendolo
oscillerà liberamente nel piano dell’urto, e quindi si otterrà sulla
carta una linea bianca o una ellissi, che colla posizione e colla
lunghezza indicherà la direzione del moto ondulatorio e la sua
intensità relativa.
A conferma della direzione e ad istituire studi comparativi,
che talora possono essere interessanti, ho aggiunta una verga
rigida, infissa con una sottile punta d’acciaio sopra un bottone
di busso al mezzo della base di marmo.
È presso a poco il
sismografo già sperimentato dal Forbes, e poi usato come sismoscopio
dal Palmieri e dal De-Rossi. Un telaio eguale a quello
del pendolo, ma più pesante, porta un altro quadrato di carta
affumicata, sulla quale l’ago d’una leva, simile e quella indicata
di sopra, traccia linee bianche quando la verga, piegandosi al
piede per sola elasticità di flessione, descrive degli archi nel
piano verticale della scossa, senza grande pericolo che per urti
successivi ed angolari concepisca movimenti conici come avviene
necessariamente nel pendolo.
Così la direzione e l’intensità della scossa restano segnate
con molta esattezza.
Ma come potrà determinarsi da qual parte
sia venuta l’onda sismica?
Se, per esempio, si trovasse una
traccia nel piano del meridiano, la scossa donde sarebbe arrivata,
dal Sud o dal Nord ?
- A risolvere questo problema io adopero
un cono metallico, tronco presso al vertice appena quanto basta
perché non cada quando si colloca rovesciato sopra un piano
orizzontale. È evidente che, se il piano oscilli, il cono cadrà
immediatamente verso la parte da cui è venuta la forza urtante:
ed allora s’appoggerà entro uno dei sedici archetti, che sono
intagliati sull’orlo interno d’un disco anulare è corrispondono alle
sedici principali divisioni dell’orizzonte come si vede a destra
della figura.
Il disco può essere orientato a piacere per mezzo
d’una vite di pressione.
La caduta dello stesso cono determina ancora l’ora precisa
del terremoto.
Perocché il disco sopraddetto è sostenuto da un
gambo cilindrico verticale, che scorre facilissimamente entro due
anelli, ed è sollevato dal peso d’una leva, la quale passa sotto
l’orologio e ripiegandosi va a terminare presso l’estremità
inferiore del suo pendolo. Il peso del cono caduto fa dunque
abbassare il disco col suo gambo: la leva s’innalza allora dall’altro
lato, e il pendolo dell’orologio si ferma immediatamente.
Questa parte dell’apparecchio sismografico a me sembra la
più importante per gli odierni studi, poiché dà esattamente l’ora
e la provenienza dell’onda sismica.
Epperò chiunque possieda un
orologio a pendolo potrebbe procurarsi il resto con poca spesa
e raccogliere fatti di grande interesse scientifico.
Per le scosse sussultorie ho fatto uso della solita spirale
elastica, caricata da un peso proporzionato, come si vede a
sinistra della figura. Una leva piuttosto lunga e leggerissima
sostiene un ago pendente da un capello, e nell’atto dell’ urto
verticale traccia un arco sulla carta affumicata del telaio a destra,
che è presso la base dell’istrumento, e che per mezzo di due
snodature, d’una asticciuola corsoia e d’una vite di pressione,
può prendere qualsivoglia posizione.
Finalmente v’ho aggiunto una calamita a ferro di cavallo
e rovesciata, la cui àncora è caricata al massimo per mezzo d’un
braccio orizzontale, che porta un romano a vite perché possa
registrarsi colla più grande esattezza.
Quindi se l’intensità
magnetica venisse a scemare, anche in piccolissima misura, l’àncora
si inclinerebbe dal lato del peso, restando nondimeno aderente
ai due poli della calamita. Dagli esperimenti del chiarissimo
padre Bertelli e dell’illustre signor Conte A. Malvasia pare
veramente che prima del terremoto le calamite soffrano talvolta una
diminuzione di forza, siccome osservarono da gran tempo i
Giapponesi.
È dunque di somma importanza il proseguire attentamente le osservazioni.
Chi lo desiderasse, e certo sarebbe cosa
assai utile, potrebbe aggiungervi un secondo orologio, che,
fermato al calare dell’àncora indicherebbe l’ora del fenomeno.
Le dimensioni di questo sismografo sono tanto ristrette, da
non dare alcun impaccio.
Il lato della base è di 30cm: l’altezza dell’istrumento giunge appena a 56cm.
Esso è chiuso in una
custodia di cristallo, e può esser collocato o sopra una mensola
di marmo fissata ad un muro molto solido, ovvero sopra un
pilastrino fondato sul terreno. Quando non si volessero fare
osservazioni microsismiche, l’istrumento potrebbe ridursi a tale
da stare sotto una campana da fiori. Oltre a ciò il sismografo
è riuscito così elegante, che può entrare tra le decorazioni di
qualunque sala. (1)
Mi sembra adunque che esso risponda alle seguenti condizioni:
- 1°. Rigidezza delle parti oscillanti e grande facilità al movimento;
- 2°. Massima chiarezza e precisione nella traduzione grafica
de’ moti sismici;
- 3°. Registrazione de’ movimenti con soli mezzi meccanici e
con tanta semplicità, che lo strumento può essere usato da
qualunque persona (e perciò ho voluto evitare l’aiuto della
corrente elettrica, che difficilmente può essere regolata e mantenuta
a lungo da mani inesperte);
- 4°. Gran numero di indicazioni colla massima economia di
spazio e relativamente di prezzo. (2)
Innanzi dare pubblicità a questo nuovo sismografo, ho
creduto benfatto attendere una scossa di terremoto che lo mettesse alla prova.
La scossa è finalmente avvenuta il giorno 13
di ottobre a 50 minuti dopo mezzodì.
Fu così leggera che quasi nessuno
se ne avvide: e nondimeno cadde il cono sulla divisione SSW,
e quindi si fermò l’orologio all’ora suindicata. S’ebbe una traccia
ili tre millimetri nella direzione SSW-NNE sul telaio del pendolo
a sinistra, ed un’altra di due millimetri descritta dalla leva della spirale.
Dal che si deduce che l’onda sismica fu molto debole,
che giunse precisamente dal SSW, e che fu accompagnata
da una leggerissima scossa verticale.
- Quel giorno ebbi l’onore
di ricevere nella mia casa l’illustre padre G. S. Ferrari, ed egli
ancora poté giudicare della prontezza e della precisione con che
l’istrumento poté registrare i vari accidenti del fenomeno. In
seguito il sismografo ha segnate diverse altre scosse di terremoto,
sempre leggerissime e per lo più non avvertite da alcuno.
Lo stesso sistema con qualche modificazione potrebbe essere
applicato alla registrazione continua, non pure dei terremoti
sensibili, ma ancora dei moti microsismici, ottenendone la
direzione, l’intensità, il numero de’ massimi, l’ora e forse anche la durata.
Me ne occuperò appena i mezzi e il tempo me lo permetteranno.
Velletri, ai 4 di decembre 1879.
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(1) - Sarebbe ormai tempo che certi ornamenti inutili, e talora pericolosi, venissero sostituiti
Strumenti d’osservazione, dei quali è quasi impossibile non apprendere qualche buon insegnamento.
Si dica altrettanto delle collezioni di minerali, di piante viventi, di uccelli, di
conchiglie, di farfalle, di scarabei e d’altri graziosi insetti. Così le famiglie agiate vivrebbero in
mezzo alle più splendide bellezze naturali, e i figli vedrebbero sulle pareti domestiche un continuo
e gradito stimolo alla osservazione de’ fenomeni, allo studio del loro valore e delle loro differenze.
Questo grande concetto educativo è del nostro sommo geologo signor professor Stoppani
(“Lo studio della natura come elemento educativo” decembre 1878) e non v’à dubbio che se venisse
posto in pratica gioverebbe immensamente alla buona educazione della mente e del cuore.
(2) - Il primo modello è stato costruito a Velletri sotto la mia direzione dal signor
Francesco Marelli incisore-meccanico. Chi desiderasse avere l’istrumento può
Indirizzarmene dimanda, ed io mi incaricherò di fare eseguire copia accuratissima
dallo stesso meccanico.
Il prezzo del sismografo completo è di L. 250; del solo sismografo pei terremoti
sensibili è di L. 150; della sola parte che serve ad indicare il punto di provenienza
e l’ora (senza l’orologio) è di L. 15.
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