Sulle tracce di  Pier Paolo Naldini

lo scultore delle Cariatidi per il Palazzo del Card. Marzio Ginnetti


 
 

Naldini Pier Paolo (Roma 10 06 1616 - 07 02 1691)
Terzo dei cinque figli di Giovan Battista e Virginia Mari.
La famiglia da almeno due generazioni era dedita alla scultura, il nonno paterno Andrea era scultore fin dal 1607. Il fratello Alessandro era attivo alla scultura dal 1634.
Pier Paolo nel 1630 fu messo a bottega del pittore Andrea Sacchi, nel cui studio rimase fino a tutto il 1636, insieme all'alunno Carlo Maratti, con il quale ci fu una duratura amicizia.

 

Palazzo Ginnetti - Velletri (lato giardini)

 

Lasciò la professione della pittura nella piena maturità, e questo fatto disorientò gli storici attribbuendo vari suoi quadri a Pietro Paolo Baldini, pittore romano, che spesso operò nelle stesse città.
Arrestato per debiti nella prima metà del 1654, fu liberato grazie all'interessamento di Virgilio Spada, elemosiniere di Innocenzo X e di Alessandro VII, e gli aveva assegnato di eseguire i disegni e gli stucchi nella cappella di famiglia in San Girolamo della Carità. Qui Naldini tra il 1654 e il '56 realizzò dei bei medaglioni in stucco raffiguranti S. Francesco e S. Bonaventura.
Un'altra opera accertata del Naldini scultore è la decorazione a stucco della navata centrale della basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, Roma, dodici statue in stucco di Santi e Martiri, collocate nelle nicchie lungo la navata centrale, e le figure in bianco e oro lungo l'architrave della navata su commissione del priore Giovanni Antonio Filippini, promotore del restauro della chiesa, di cui nel 1667 eseguì anche il busto in marmo.

 

Scalone Panoramico- Velletri (lato giardini - 1855)

 

Residente tra il 1656 e il 1658 in via Margutta, nella parrocchia in S. Maria del Popolo, con la vedova di suo fratello Alessandro, Apollonia, e i nipoti.
Tra il 1659 e il 1660 è attivo nel cantiere del palazzo del cardinale Marzio Ginetti a Velletri dove eseguì nel piano nobile molte Cariatidi in stucco sulle colonne interne degli archi della Galleria, e 20 rosoni esterni con volti (non sappiamo se di antenati o personaggi mitologici), il tutto è andato perduto insiemi al Palazzo nei bombardamenti della 2^ Guerra nel 1944.
Tra il 1954 e '55 il Palazzo fu definitivamente abbattuto perché pericolante, ne rimangono molte testimonianze su cartoline e fotografie.

 

Rosoni esterni, molto rovinati (lato giardini)

 

Sempre a Velletri, eseguì in eseguito altri stucchi, identificabili con quelli nella chiesa di S. Apollonia, protettorato del cardinal Ginetti dal 1648, distrutti anche questi nel corso della 2^ Guerra Mondiale.

 

Stucchi delle Cariatidi addossate alla parete della galleria

 

Nel 1661 risulta proprietario di una cava di marmi presso Tivoli e alla morte del suo amico e maestro Sacchi, eseguì il monumento funebre, posto nella prima colonna del corridoio della sacrestia a sinistra della prima cappella della basilica di S. Giovanni in Laterano.
Lo stesso Sacchi aspresse nel testamento il desiderio di essere seppellito in San Giovanni in Laterano presso la tomba del Cavalier d'Arpino destinando una considerevole cifra per il suo monumento funebre, indicando che doveva essere disegnato dal Bernini ed eseguito dal Naldini.

 

Palazzo Ginnetti - Galleria del piano nobile con Cariatidi su entrambi i lati

 

Nel novembre 1663 ricevette il saldo di pagamento per il rilievo in stucco con S. Guglielmo d'Aquitania, posto nella prima campata della navata centrale della chiesa di S. Nicola da Tolentino.
Dal 1664 prese parte al cantiere per la chiesa dell'Assunta di Ariccia su progetto di Bernini, dove modellò in stucco dodici Putti e quattro Angeli nella cupola.
Il Bernini riteneva il Naldini secondo soltanto ad A. Raggi la qualità di modellare gli stucchi, e per questo che lo volle a molte imprese berniniane in Vaticano.
Nel 1668 realizzò il busto in marmo del duca Filippo Caetani nella cappella Caetani in S. Pudenziana.

 

Scala monumentale e particolare di un piano

 

Tra il 1669 e il 1671 fece parte del gruppo di scultori che eseguì i dieci Angeli in marmo con gli strumenti della Passione posti sul nuovo parapetto di ponte S. Angelo ideato da Bernini. E Naldini fu l'unico a scolpirne due, quello con la veste e i dadi e quello con la corona di spine, il secondo copia di quello autografo di Bernini in Sant'Andrea delle Fratte, di cui esiste nell'eremo una terracotta attribuita a Naldini.
Nel 1670, sotto la direzione di Carlo Rainaldi, realizzò due figure raffiguranti la Gloria, per l'imponente Arco transitorio, eretto dal popolo di Roma in occasione dell'elezione di papa Clemente X.

 

Palazzo Ginnetti - Galleria piano terra e cortile interno

 

Ancora celibe, elesse erede universale la cognata Apollonia e, in caso di morte di questa, il nipote Filippo, cui lasciò dei disegni e l'attrezzatura di bottega. Richiese di essere sepolto in San Martino ai Monti e al priore di questa chiesa lasciò per legato i modelli delle statue di S. Pietro e di S. Paolo. I lasciti di pochi scudi alla cappella del Pantheon di patronato dei Virtuosi, ad alcune chiese e al non altrimenti noto Tranquillo Venturelli di Amelia suggeriscono che non disponesse di grandi risorse economiche, anche se l'assenza dell'inventario dei beni allegato al testamento induce alla prudenza.
Un viaggio tra il 1671 e il 1973, lo porta tra il Lazio e l' Umbria, a Viterbo, Orvieto e Perugia.
A Viterbo e a Orvieto eseguì stucchi e lavori in travertino, mentre a Perugia fu attivo per il conte Orazio Ferretti.
Lavorò nell'ex chiesa di S. Maria delle Grazie a Todi (ora S. Filippo Benizi), dello stesso Ordine, eseguendo la statua per altare maggiore di S. Filippo Benizi per l'altar maggiore e, con un aiuto, una Madonna in Gloria.

Palazzo Ginnetti - Macerie dopo il bombardamento del 1944


Tra il 1673 e il 1675 è di nuovo a Roma, in San Marcello al Corso modellando un Angelo in stucco dorato (come il suo modello in terracotta al Museo di Palazzo Venezia).
Nel decennio 1675 e 1685 ci sono numerosissime sue opere nella sua Roma, che non lasciò più.
Nel maggio 1681 sposò Barbara di Bartolomeo Tavarini, vedova romana, con la quale visse prima nella sua casa di via Ursina e dal 1687 in via del Corso, negli ultimi anni di vita, ammalato e non potendo più scolpire tornò all'antico mestiere di pittore, ma di quest'ultime opere non ne risulta traccia.
Pier Paolo Naldini morì a Roma il 7 febbraio 1691 e fu sepolto in Santa Maria del Popolo.



     Bibliografia

       Spunti da:  Wikipedia inciclopedia libera
       Spunti dal: Dizionario Bibliografico, Treccani
       Foto:            Università del Carnevale - e alcuni Blog