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La moda non è capriccio di oggi!
Anche nei tempi passati era volubile e teneva schiavi uomini e donne. Anzi c’erano articoli di statuto dedicati alla grande dea!
Velletri creava modelli esclusivi per i suoi abitanti. Diamo qualche notizia sui costumi veliterni dal medioevo in poi, costumi che dovrebbero figurare in manifestazioni locali tradizionali e partecipare a raduni nazionali. (•)
Il più lontano documento che accenna al vestire, secondo alcuni studi dello storico veliterno Augusto Tersenghi, è della prima metà del 1500, e lo statuto patrio edito e riformato dal Cardinale di Trani. In uno dei suoi capitoli si legge che nessuna donna ardisse portare più il « mantello » (manto) andando fuori di casa od in chiesa, fatta eccezione per le vedove alle quali era lecito il detto manto però non piegato sulla testa ma semplice e disteso dal capo al dorso ed alle altre membra.
Alle donne dopo il quarantacinquesimo anno di età « essendo esse ormai nel tramonto delle loro appariscenze » lo statuto concedeva ampia facoltà di vestire a loro modo senza restrizione alcuna « ad carum libitum ».
Ed ecco in che consisteva il costume popolare velletrano: in una veste di panno turchino e verde lunga quasi fino ai piedi listata intorno al lembo di velluto con busto che lasciava il collo nudo e che era ornato davanti di alcune piastrelle di argento alle quali veniva allacciato con nastri di colore; grembiale di tela di lino con frange in fondo; in testa un panno di lino indietro e lavorato intorno con frange; maniche di raso rosso, riservate alle spose.
Le artigiane poi, portavano vesti di panno di colore, lunghe fino a terra, con busto scollato e attraversato da passamani di seta; si ornavano il collo con qualche filo di coralli e portavano un velo di seta appuntato sopra i capelli e che lasciavano pendere fino a terra legando i capi di esso alla cintura.
Le gentildonne finalmente indossavano una veste di seta lavorata ad opera di broccato intera e senza busto; si appuntavano un manto sopra il capo e lo lasciavano cadere fino a terra con lungo strascico; questo manto era di color porpora o giacinto o color d’oro con una preziosa guarnizione.
Le spose solevano portare sottane di raso lunghe fino a terra e di sopra una veste o zimarra di broccato d’oro o di seta tutta listata, aperta davanti fino alla cintura intorno alla quale avevano bellissime catene d’oro in un capo delle quali era attaccato il ventaglio; dalla cintura in giù la zimarra era abbottonata con cerchietti d’oro fin sotto le ginocchia e da queste fino a terra aperte per mostrare la sottana le cui maniche coprivano le braccia per essere quelle della zimarra aperte nei gomiti e lunghe fino in terra; il velo che era appuntato sopra i capelli, e che lasciavano pendere all’indietro, era di seta fregiata d’oro.
Prima di passare ad altra epoca (la descrizione fatta riguarda il periodo dal XIV at XVI secolo) riportiamo i prezzi di vendita e confezioni dei vestiti maschili e femminili.
La tariffa è del 1589. (•)
Se pensiamo ad oggi ci sembra di udire una favola alla Cenerentola: si parla di centesimi. Se esaminiamo le tolette odierne di una Sofia Loren o di una Gina Lollobrigida arriviamo ai milioni di lire!
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Stella in un'incisione di Paul Bellay - 1850c
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FATTURA PER DONNA:
Sottana da venti palmi in giù con maniche
Sottana da venti palmi fino a ventisei con maniche
Veste grande da donna con retribio et maniche
Mantello da donna
Maniche da donna de seta o velluto con cordoni
Maniche da donna con la abboccatura
Calze de tela spezzate
Calze de tela sane
Impectine da nove a decenove
Le mantille
FATTURA PER UOMO:
Gabanella con maniche senza fodera
Gabanella con maniche et fodera
Calze spezzate senza profili
Luppone scempio
Luppone pieno
Saio o casacca senza piecatura da piedi o con risvolti
Cappa senza rivolti o piecatura
Cappa con risvolti o piecatura
Uno paro de calzetti
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iuli 2 (L. 1)
carlini 3 (L. 1,12)
carlini 5 (L. 1,87)
carlini 4 ½ (L. 1,70)
carlini 2 (L. 0,75)
bolognini 5 (L. 0,25)
bolognini 6 (L. 0,30)
bolognini 5 (L. 0,25)
bolognini 1 a 5 (Cent 5 a 25)
bolognini 3 (L. 0,15)
bolognini 13 (L. 0,65)
bolognini 16 (L. 0,80)
bolognini 15 (L. 0,70)
bolognini 17 (L. 0,90)
iuli 2 (L. 1)
bolognini 25 (L. 1,25)
bolognini 20 (L. 1)
carlini 3 ( L. 1,12)
carlino ½ (L. 0,19)
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Il costume borghese veliterno che ora andiamo a descrivere si mantenne dalla sua origine fin verso il cadere del secolo XVIII in cui scomparve quasi del tutto restò qualche raro esempio nella prima metà del secolo XIX ed ora non resta nemmeno la memoria perché mai si è pensato in manifestazioni folkloristiche di farlo riapparire pur essendo bello e caratteristico.
Alle spalle un ampio fazzoletto triangolare finissimo di batista orlato con pizzo a giorno ed acconciato al dietro del collo in modo da formare una scollatura quadrata mentre sul seno le due estremità di esso s’incrociavano per andarsi a perdere sotto l’annodatura del grembiule restando così il terzo lato nel mezzo del dorso. Sul seno che resta nudo per la scollatura una fine pettina di batista ricamata a giorno ove sopra cadono parecchie file di perle detti vezzi che girano intorno al collo. Sulla testa poi un’acconciatura speciale fatta di batista inamidata ed orlata di merletto formante come un triangolo i cui vertici abbassati verso le spalle ed aventi nelle estremità fiocchetti d’oro scendevano in tre pizzi due dei quali ai lati del volto mentre il terzo cadeva dietro la nuca. Questo curioso apparecchio chiamasi volgarmente le « tre gambe » e per tenerlo fermo sul capo si usava un lungo spillo crinale che aveva alla estremità un fiore tutto in filigrana di argento e perché il detto fiore si muoveva ad ogni piccola scossa della testa lo chiamavano il « tremolante ». Completavano l’abbigliamento orecchini di brillanti con grossa perla a pera in fondo; spilla d’oro sul petto; bracciali d’oro con pietre preziose e molti grossi anelli con diamanti, alle dita.
Mezzi guanti di seta colorata, ventaglio di raso ricamato in oro a stecche di avorio e finalmente ai piedi sandali di raso bianco e tacco alto, con ricami in seta ed oro.
E gli uomini?
Ecco in breve il loro costume: giubbino a quarti ed a vita molto corto con maniche strette bavero ampio e risvolti sul petto con doppia bottoniera confezionata di velluto in seta color verde scuro; giustacuore a due petti di velluto rosso con bottoni dorati ed un rialzo della stessa stoffa dietro il collo che veniva cosi ad interporsi tra quello e il bavero del giubbino, pantaloni corti di velluto rosso con ricami in oro, alla estremità, sotto il ginocchio e bottoni dorati alle piccole aperture laterali nonché alla «brachetta» che aprivasi anteriormente in alto sul ventre; una fascia di seta turchina cingeva la vita e terminava nel lato sinistro a fiocco con svolazzi; calze di seta, bianche, e scarpa bassa di cuoio nero con fibbia d’oro; in testa rete di seta verde e cappello di felpa o di castoro bianco o nero a tese spianate; camicia bianca di lino con colletto rovesciato a lunghi risvolti senza alcuna cravatta; alle orecchie due semplici cerchietti d’oro; completava l’abbigliamento un bastone di canna da zucchero con pomo di oro. Nella stagione invernale si portava la « cappa », e cioè un mantello di panno bleu.
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(•) Tratto da Festival della Canzone Italiana 1957.
(•) Cenni tratti da studi di Augusto Tersenghi inizio 500.
(•) Cenni tratti dagli Statuti di Velletri.
(•) Tariffe e vocaboli sono della fine del 500.
(•) Foto dell'Università del Carnevale.
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