Le bellezze del mondo di un Cardinale di campagna


 
 
 


Cardinal Stefano Borgia (1731-1804)

 


La collezione Borgia fu avviata nel XVII sec. da Clemente Erminio Borgia (1640-1711), il quale iniziò a raccogliere oggetti antichi all’interno della sua residenza: il palazzo Borgia, distrutto nell’ultimo conflitto, esso aveva l’ingresso nell’attuale Via Borgia. In seguito, Alessandro Borgia (1682-1764), arcivescovo di Fermo, arricchì la collezione di un cospicuo medagliere. Tali materiali costituirono il nucleo iniziale della collezione di Velletri, da questa eredità, il cardinale Stefano Borgia costruirà il suo celebre Museo. Stefano Borgia, nasce a Velletri nel 1731, fu Rettore di Benevento (1758), Segretario della Congregazione delle Indulgenze (1764), nominato da papa Clemente XIV, dapprima Segretario (1770) e poi, incaricato da papa Pio VII, Prefetto della Congregazione De Propaganda Fide (1802), una sorta di organismo ecclesiastico per le missioni estere, fondato nel 1622 da papa Gregorio XV.
A questo ruolo Stefano Borgia dedicò enormi sforzi ed impegno, con piglio riorganizza l’ente, apre nuove missioni in Madagascar, Canada e Giappone e da un forte impulso alla pubblicazione di alfabeti orientali attraverso la Tipografia Poliglotta di Propaganda, che costituisce per l’Europa il primo approccio sistematico alle lingue di culture lontane.
Da questo osservatorio privilegiato può finalmente appagare la sete di conoscenza allargando la sua “curiosità” a tutto il mondo.
Già quando era a Benevento aveva aperto inediti squarci sul passato longobardo della città. Ora, grazie ai rapporti con le missioni sparse nel mondo, può ricevere e raccogliere numerosi oggetti d’arte da missionari o inviati nei più svariati paesi, e di arricchire quindi la sua collezione da paesi allora fuori dai normali canali di rifornimento collezionistico, collocando i manufatti raccolti nella residenza di Velletri.
Alla morte del Cardinal Stefano nel 1804, il Museo di Velletri viene venduto dal nipote, Camillo Borgia. L’accordo fu concluso nel 1814 con Gioacchino Murat, ma ratificato nel 1817 (dopo la caduta del governo napoleonico) da Ferdinando I di Borbone, che dispone il trasferimento nel Real Museo Borbonico (oggi: Museo Archeologico Nazionale).
Nel 1957, alcuni manufatti vengono destinati al Museo di Capodimonte, dove l’identificazione inventariale degli oggetti ha consentito l'esposizione nelle sezioni apposite ( Sacro, Arabo-Cufico e Indico), allestimento singolare per la rarità dei pezzi, questo solo per il gusto di raccogliere le bellezze del mondo da parte di un "Cardinale di campagna".



Buon Pastore - Tradizionali soggetti iconografici si intrecciano con schemi compositivi esotici in questo pregevole manufatto realizzato nella colonia portoghese di Goa. Il racconto evangelico che si dipana nel piedistallo, sul quale poggia la figura assorta di Cristo come Buon Pastore, si caratterizza per una vitalità espressiva e narrativa che tradisce intenti di divulgazione religiosa.

 

Puntale di Pastorale con "San Michele Arcangelo che uccide il drago" - È un pregevole esemplare della manifattura Limoges, che fin dal settimo decennio del XIII sec. era diventato il maggiore centro occidentale di produzione di oggetti d'arredo sacro realizzati in rame smaltato. Il tema del San Michele Arcangelo che uccide il drago si ritrova anche in altri esemplari conservati in musei.



Ma Stefano Borgia raccoglie e studia, sceglie e sistema: non intende creare una “sala delle meraviglie” solo per stupire gli ospiti, lui va ben oltre. Così nel palazzo Borgia a Velletri, nel poco tempo libero a disposizione, organizza quei tesori provenienti dalle “quattro parti del mondo” per temi ben precisi che rispecchiano i suoi interessi, molto spesso all’avanguardia.
Velletri poté così vantare l’unica raccolta esistente in Europa di antichità egizie, greche, etrusche, romane, arabe, indiane, con una sezione riservata al museo sacro, con dipinti medievali e oggetti liturgici, e un’altra dedicata alle carte geografiche e ai cimeli provenienti dal Nuovo Mondo. Nelle immediate vicinanze del palazzo, presso la piccola badia della Santissima Trinità, tuttora esistente, era ordinato secondo un criterio museografico il lapidario della collezione, ovvero il complesso delle epigrafi antiche rinvenute nel territorio veliterno e a Roma.



Stele di Arpocrate - La raffigurazione presenta un "naos" con cornice affiancata da divinità antropomorfe volte verso il centro, sormontato dal disco solare alato con urei. All'interno del naos è Arpocrate, stante al di sopra di due coccodrilli contrapposti. Su di lui è raffigurata la testa di Bes. Arpocrate è caratterizzato dalla treccia infantile, e reca nella mano destra uno scorpione, un orice e quattro serpenti, mentre nella sinistra l'orice è sostituito da un leone.

 

Stele di Arpocrate (retro) Nella parte alta è un registro con divinità antropomorfe stanti, precedute da una figura canina. Al di sotto di questo, è l'iscrizione geroglifica del V capitolo della stele di Metternich che, svolgendosi su dodici righe orizzontali, occupa tutta la superficie. Lungo i quattro lati dello spessore della stele sono incise altre parti di testo.





La casa/museo, chiara dimostrazione di una cultura enciclopedica, costituirà la prima tappa del Grand Tour per coloro che da Roma si recavano a Napoli, e lo stesso J. Philip Moller, pseudonimo ignoto del celebre Johann Wolfgang Goethe, nel lontano 1787 fu attirato a Velletri dalla curiosità di visitare la ricca collezione del Cadinal Borgia, la cui fama aveva varcato i confini italiani, Goethe - che vi si recherà ben due volte - ne citerà le meraviglie nel suo racconto di Viaggio in Italia. Tanta fama raggiunge la sua casa/museo, da divenire meta di numerosi intellettuali europei: dopo Goethe, il conte Ian Potocki grande viaggiatore, lo storico d’arte Sèroux d’Agincourt, William Hamilton e molti altri personaggi dell’epoca. Alla fine del Settecento, con l’incrementarsi della collezione, il Museo Borgiano contava ben tre sedi: alla casa/museo di città e al lapidario si aggiunse la casa di campagna che fu adattata a museo suburbano, dove la scritta: “Curiosità e tesori da ogni parte del mondo” troneggiava all’ingresso del casino di campagna del cardinale Stefano Borgia. Il cosiddetto Casino Borgia, è uno dei luoghi che ancora ricordano le glorie passate di questa famiglia nella città di Velletri.

Madonna con Bambino e i santi Pietro, Paolo, Antonio Abate e Agostino, di Taddeo Gaddi (1310) - Si tratta di un altarolo portatile, probabilmente di committenza laica, che denota come l'artista, allievo e stretto collaboratore di Giotto, si ispiri nella figura della Madonna direttamente a quella del Polittico di Badia, oggi agli Uffizi. Ma nonostante motivi iconografici e schemi compositivi rivelino una profonda adesione all'arte di Giotto, le figure appaiono ancora arcaiche e prive di plasticità, mentre non è ancora maturata una piena e consapevole costruzione dinamica degli spazi.

 

Mappamondo borgiano o Tavola di Velletri - Anonimo, è datato presumibilmente al 1430 circa. Il planisfero, orientato con il sud in alto, è inciso su due tavole di rame del diametro complessivo di 642 millimetri, che raffigurano l'antica Ecumene, circondata dall'Oceano.
Accanto a molti elementi moderni, appaiono quelli congetturali tipici dell'età medievale.
Così, per esempio, sono riportate le due province di Gog e di Magog, e alla foce del Gange la figurazione del Paradiso Terrestre.
L'Italia ha l'aspetto di un informe e largo rettangolo, affiancato dalla Sicilia, dalla Sardegna e dalla Corsica.



La collezione Borgia si arricchì di oltre seicento meravigliosi pezzi, alcuni reperti sono delle vere e proprie rarità: dal mondo antico (importanti i reperti romani, etruschi, ed ellenici); dal nuovo mondo (oggetti delle Americhe e dell’Oceania, secondo alcuni anche dalla prima spedizione di Cook); dall’Oriente le antichità egizie, il museo arabico-cufico ed il museo indico. Rarità come: la chartha borgiana, il primo papiro egiziano pervenuto in occidente; il messale rinascimentale di papa Alessandro VI Borgia che, ancor oggi, viene letto dal pontefice durante la messa della notte di Natale; e l’unica lettera autografa pervenutaci di Raffaello Sanzio, posseduta dal Borgia. Il globo cufico, l’altare indiano, il tamburo sciamanico, gli importanti reperti romani, etruschi ed egizi, tra questi ultimi il monumento funerario di Imen-em-Inet (XIX dinastia 1308-1194 a. C.), sono solo alcuni esempi della ricchezza degli oggetti collezionati dal Cardinale per la meraviglia dei suoi contemporanei. Basti pensare che la sua collezione egizia è stata una delle raccolte egittologiche più antiche nella storia del collezionismo europeo ed una delle più vaste prima della famosa spedizione di Champollion in Egitto.

Stele funeraria, in marmo bianco a grana fine, sormontata da un anthemion, è raffigurato un uomo adulto, barbato, connotato come un viandante, vestito di una corta clamide, con le gambe incrociate, appoggiato con l'ascella sinistra ad un bastone. La benda che gli cinge la fronte e l'aryballos, per gli oli da palestra, che pende dalla mano sinistra, lo connotano come un atleta. Con la mano destra porge del cibo ad un cane, seduto ai suoi piedi di profilo, con il muso sollevato e rivolto all'indietro. Scultura funeraria greca attica e ionica, in particolare nelle città delle isole egee e della Ionia asiatica, tra fine VI e inizio V sec. a.C..

 

Bassorilievo con le fatiche di Ercole, al centro: Onfale alla destra di Ercole è rappresentata come sua padrona perché la servitù che le prestò Ercole iniziò -secondo Apollodoro- dopo le 12 medesime.


 

Statua in diorite grigia, raffigura un funzionario della III Dinastia seduto su un seggio.. La figura, con i piedi sagomati, paralleli e di poco separati, ha il braccio sinistro, con la mano chiusa, piegato sul fianco, il destro, con la mano aperta, poggiato sulla coscia corrispondente. Il personaggiocon parrucca, ad onde orizzontali e linee verticali, lunga fino alle spalle, che incornicia un viso di forma ovale con sopracciglia e palpebre a rilievo, occhi incisi leggermente convessi e rivolti verso l'alto, zigomi alti, ampio naso, guance lievemente arrotondate, labbra spesse, mento pronunciato. Gonna che giunge fin quasi ai piedi busto scoperto, corto collo, tozze spalle, petto sporgente, sul retro, sono evidenziate le scapole e un solco verticale sul dorso.



Ma com'era organizzata e cosa
c'era nella collezione Borgia?


Il Cardinale raccolse antichità della civiltà Etrusca, della quale compilò anche un alfabeto, e promosse scavi a Velletri iniziando così a gettare luce sulla civiltà dei Volsci, e fondando l’Accademia Volsca. Collezionò antichità greche provenienti non dai territori della Magna Grecia italiana, come era comune, ma dalle isole elleniche, allargando le conoscenze sulla civiltà greca. Non potevano mancare i reperti romani, raccolti non in base a criteri estetici, ma iconografici e di uso comune. Nel “Museo Sacro” raccolse dipinti e oggetti di oreficeria, vetri e smalti dalle provenienze più disparate, per metterli a confronto, per conoscere e capire i modi e le forme che la liturgia e l’iconografia cristiana avevano usato nei secoli.
Assolutamente contro tendenza, raccolse dipinti dei “primitivi”, gli artisti antecedenti al Rinascimento, anticipando di parecchio la riscoperta del medioevo.
Molto prima della spedizione in Egitto (1799) del famoso egittologo francese Champollion che rese popolare l’antica civiltà egiziana, Stefano Borgia spinto dal desiderio di capire le origini delle arti e delle religioni, possedeva la più importante collezione europea di reperti egizi. Nel “Museo Arabico-Cufico”, la parte assolutamente più originale della collezione, raccolse manoscritti e monete arabe delle zecche normanne siciliane, ed un pezzo eccezionale, il Globo Cufico del XIII secolo, opera di Caisar Ben Abicasem, dove sono riportati meridiani e paralleli.

 

Cartagloria - L'opera, composta da tre pannelli di seta bianca, presenta, ricamati con fili d'oro e di seta, alcuni passi della messa e gli stemmi di Luisa di Borbone, di sua nipote Maddalena di Borbone, monaca di Fontevrault, e di Carlo di Lorena, a cui la cartagloria è dedicata. Il riquadro centrale è arricchito da tre placche in smalto raffiguranti la Natività, la Crocifissione e il Noli mi tangere, mentre al di sotto è ricamato l'Agnello mistico, il cui sangue si raccoglie in un pozzo esagonale, al di sotto del quale si legge la scritta "Fontevrault" per indicare il luogo dove l'opera fu eseguita. Si può ipotizzare che la Cartagloria sia stata eseguita dopo il 1535, anno in cui Luisa di Borbone divenne badessa di questo villaggio francese e che sia proprio lei l'artefice della parte ricamata dell'opera, mentre le zone smaltate sono da attribuire a Leonard Limosin. La cartagloria, proveniente dall'Abbazia di Fontevrault, entrò nella collezione Borgia nel 1799.

 


L’India aveva una sua propria raccolta, grazie a Paolino da S. Bartolomeo, un Carmelitano Scalzo che viaggiò in India dal 1776 al 1789, autore del “Systema Brhamanicum” sui costumi e le religioni indiane il quale, incaricato da Stefano della selezione di oggetti religiosi e opere d’arte, mise insieme una collezione paragonabile solo a quella della “Compagnia delle Indie” di Londra. Il “Museo Boreale” raccoglieva calendari runici e oggetti provenienti dal nord estremo dell’Europa, addirittura dalla Groenlandia. Precorrendo tutti i tempi, nel “Museo Australe” era presentato l’ultimo continente da poco scoperto, l’Oceania, con oggetti importati dalle prime spedizioni. Non mancava un medagliere composto da migliaia di monete, corniole, cammei delle più varie origini: romane, longobarde, arabe, turche, persiane, cinesi e africane. Stefano Borgia fu nominato cardinale nel 1789 e fu esiliato a Padova nel 1798 con la proclamazione della Repubblica Romana, ma non si scompose molto. Lì in santa pace poté continuare i suoi amati studi e addirittura, nel 1800 al conclave di Venezia, per un soffio non divenne papa. Morì nel novembre 1804 a Lione, mentre accompagnava Pio VII all’incoronazione di Napoleone.

Alcuni ritratti degli eruditi dell'Accademia Volsca di Velletri, fondata nel 1765 come Società Letteraria, caratterizzò la sua attività più verso antiquariato, studiando l’eclettica collezione Borgia composta di opere d’arte provenienti da tutto il mondo. Deve il suo nome alla scoperta, avvenuta a Velletri nel 1784, delle cosiddette “lastre volsche” una serie di rilievi architettonici in terracotta di tradizione etrusco-laziale, databili intorno alla prima metà del VI sec. a.C..
Dei diciannove ritratti (in origine ventuno, dispersi quelli di Luigi Lanzi e L.G. Fabrega), molti furono dipinti dal pittore danese Johan Herman Cabott (1754-1814), a partire dal 1784, con l'intento di celebrare le intense relazioni culturali che il cardinale Stefano Borgia intrattenne con gli intellettuali di tutta Europa, da lui nominati "Accademici Volsci". I ritratti facevano parte della "Galleria di uomini illustri" dell'appartamento Borgia di palazzo Altemps.



Nel 1814, a dieci anni dalla morte di Stefano, mentre i manoscritti della collezione entrarono a far parte della Biblioteca della Congregazione da lui diretta (e dal 1902 trasferiti nella Biblioteca Vaticana), tutti gli altri oggetti passarono in eredità al nipote Camillo Borgia. Questi, nato a Velletri nel 1773, tentò di vendere la raccolta dapprima al re di Danimarca e poi, nel 1814, a Gioacchino Murat, re di Napoli, approfittando del fatto che la politica napoleonica prevedeva proprio l’acquisizione per i musei imperiali di collezioni d’arte italiane. Terminato il decennio francese, e restaurato il regno borbonico, le trattative per l’acquisto della collezione giunsero a termine con Ferdinando IV il 25 ottobre 1815, ponendo fine al sogno di suo zio: il museo universale, il mondo in una casa. Camillo Borgia, accusato dal governo pontificio di complicità nell’invasione francese del Lazio, dovette rifugiarsi in Tunisia, per poi ritornare a Napoli, dove trovò la morte nel maggio del 1817. Due mesi dopo, finalmente, la collezione fu trasferita da Velletri nel Real Museo Borbonico di Napoli. Nel 2001 una mostra, allestita presso il Palazzo Comunale di Velletri e poi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ha fatto conoscere al pubblico l’innovativo progetto di Stefano Borgia di un museo universale. Dal 2002, le spoglie del cardinale, traslate da Lione, per forte volere di Luca Leoni a cui dobbiamo tutti immensa gratitudine, riposano nella Cattedrale di San Clemente, nella cappella della Visitazione, anticamente appartenuta alla famiglia Borgia e oggi dedicata a San Vincenzo de’ Paoli.


 

Sant'Eufemia - Mantegna 1454 - Tempera su tela cm. 190 x 95.
L'opera è un esempio dell'attività giovanile di Andrea Mantegna (1431 - 1506) e uno dei primi casi in cui l'artista utilizzò la tela in luogo del supporto ligneo. I decorativi festoni squarcioneschi adornano l'arco che inquadra, con saldo rigore prospettico, la statuaria figura della Santa, cui la visione scorciata dal basso conferisce risalto monumentale. Il tono cromatico alquanto spento, dovuto anche agli effetti di un incendio che irrimediabilmente iscurì la pellicola pittorica, è ravvivato dall'oro lucente della ricca veste e dal rosso rubino dei frutti e delle gemme che impreziosiscono la fibbia e il diadema.



Frammenti di testi COPTI.

Il Cardinal Stefano Borgia incoraggiava gli studiosi danesi che venivano a Roma ad imparare questa lingua per poter poi arrivare a decifrare i papiri egizi.

 


Le lastre seguenti, facevano parte del complesso dei rivestimenti fittili che decoravano il tempio arcaico scoperto nel 1784 a Velletri, sotto la chiesa di Santa Maria delle Stimmate. L’insieme del sistema decorativo di stile etrusco ionizzante è pertinente alla fase monumentale dell’edificio databile intorno al 530 a.C. Le lastre di rivestimento, oggi disperse in diversi musei italiani ed europei, presentano una ricca decorazione figurata definita del tipo “Veio - Roma - Velletri” dalle località di rinvenimento. I soggetti rappresentati comprendono: corse di bighe, corse di coppie di cavalieri, scene di banchetto e di consesso divino, cortei professionali: temi che verosimilmente alludono a ludi, banchetti, scene di apoteosi di Eracle e rispecchiano l’ideologia “tirannica” del regno dell’ultimo dei Tarquinii, epoca durante la quale venne eretto il tempio.

La lastra, priva delle cornici superiori e parzialmente lacunosa, raffigura un soggetto di chiaro significato militare: una corsa di tre coppie di cavalieri al galoppo. I personaggi in primo piano indossano elmo ionico, scudi rotondi ed impugnano nella mano destra la doppia ascia (il primo) e la spada (il secondo), mentre quelli in secondo piano sono disarmati.

 

La lastra raffigura una corsa di una triga e di due bighe verso destra. Gli aurighi, il primo con pilos, gli altri due con corta capigliatura, vestono corti chitoni e guidano i cavalli, dai corpi agili con criniere stilizzate e lunghe code, tramite lunghe redini legate intorno alla vita. Sotto i cavalli della biga a sinistra corre una lepre. Sopra la zona figurata è una fascia decorata a meandri incrociati, con cigni e stelle ed una cornice a baccelli concavi.

 


Rilievo raffigurante bottega di un calderaio. Essa rappresenta tre distinti momenti della attività quotidiana di un produttore di suppellettile metallica: in basso a sinistra un uomo pesa del metallo su una grande bilancia a due piatti fissata al soffitto; al centro due figure martellano il metallo sull'incudine; a destra un ultimo artigiano sta lavorando a freddo un piatto. Sulla parete retrostante si vedono manufatti già pronti per la vendita, fra i quali, sul bancone a gradini, si riconoscono gli stampi per dolci a forma di conchiglia, mentre in posizione centrale è collocata la fornace. Particolari come il bambino che si attacca alla vita del padre, o il cane steso sulla mensola sovrastante l'angolo destro.



Il monumento funerario di Imen-em-Inet (XIX dinastia 1308-1194 a. C.), è un esempio della ricchezza degli oggetti egiziani collezionati dal Cardinale per la meraviglia dei suoi contemporanei. Basti pensare che la sua collezione egizia è stata una delle raccolte più antiche nella storia del collezionismo europeo ed una delle più vaste prima della famosa spedizione di Champollion in Egitto.




 

Reliquiario in argento dorato e smaltato - Nicolò Lionello Pace (1445)
Nel “museo Sacro” il Cardinale raccolse dipinti e oggetti di oreficeria, vetri e smalti dalle provenienze più disparate, per metterli a confronto, per conoscere e capire i modi e le forme che la liturgia e l’iconografia cristiana avevano usato nei secoli. Assolutamente contro tendenza, raccolse dipinti dei “primitivi”, gli artisti antecedenti al Rinascimento, anticipando di parecchio la riscoperta del medioevo.



 

Charta Borgiana - Pervenutoci in ventitré frammenti, papiro iscritto, appartenente alla collezione Borgia, contiene una iscrizione in greco corsivo, disposta, sul più grande, su quindici colonne di trentatré righe ciascuna, relativa ad un gruppo di operai che nel 193 d.C. lavorò alla realizzazione di canali idrici a Tebtynis, un centro del Fayyum: il testo riporta i loro nomi e la loro provenienza, che è, per la maggior parte, da Ptolemais Hormu, oggi Illahun. Il reperto fu studiato e pubblicato nel 1788 ad opera di Niels Schow, un accademico danese, cui deve il nome; esso ha un grande valore, in quanto testimonia la struttura sociale dell'Egitto, è il primo papiro greco qui pubblicato.

 


 

Il “Museo Boreale” raccoglieva calendari runici e oggetti provenienti dal nord estremo dell’Europa, addirittura dalla Groenlandia.
Qui un Tamburo Làppone.



La statuetta raffigura un capro selvatico in oro, con il muso girato di fianco, le orecchie rivolte verso l’esterno in atteggiamento vigile, grandi corna arcuate all’estremità, barba a punta, pelo reso a tratteggio solo in alcuni punti e codino ritorto. Le zampe sono di restauro, mentre sulla moderna base in legno è riportato il luogo di provenienza “REPERTUM EDESSAE ORSHOENES”, ossia l’odierna Urfa nella Turchia orientale, tra il massiccio del Tauro e l'alto corso del fiume Eufrate. È stato realizzato probabilmente da orafi persiani che devono aver attinto l’iconografia dalle immagini di stambecchi tipiche dell’arte di VIII-VII sec. a.C. del Luristan.

 


 

Globo Celeste (diametro cm 22,1) - È uno dei più antichi globi celesti datati, commissionato per il sultano Ayyubide Al-Kamil (1218-1237), nel 1225 e formato da due emisferi sui quali sono incisi le quarantotto costellazioni, secondo i canoni stabiliti da Tolomeo. Analoghi oggetti, databili al XIII secolo, si conservano nel British Museum e nel Louvre. Uno dei più bei oggetti  dalla ricca collezione del cardinale Stefano Borgia.



Nume cinesi - legno intagliato e dorato (Cina XVII sec.)

Buddha - marmo laccato dorato H 35 cm (Birmania XVII sec.)

 


 

Astrolabio planisferico
(ottone diam. cm 18,1) - Scuola Ispano-moresc
a - sec. XIII c.



Statuetta in bronzo
India - XVII sec. forse il
dio Geruda (la mitica aquila)

 


 

Polittico ligure-provenzale di fine XV sec. (Ignoto)
Crocefissione, Madonna Assunta ed otto Santi.

 


 

Croce del 1240/1250, mm 178 x 128 - Lamina unica in rame, incisa e smaltata con metodo champlevé.(*) - Recto: lamina ricoperta da incisioni a stisce e punti, sono applicate in rame smaltato a champlevé le figure di Cristo della Madonna e S. Giovanni evangelista. Verso: anche sul retro è ricoperta da una rete di incisioni a linee e punti, con esclusione dei simboletti quatrilobati, le raffigurazioni degli Evangelisti e l'Agnus Dei.

 



(*)  La lavorazione detta "champlevé" viene normalmente applicata a rame o bronzo, e consiste nello scavare delle cavità sul pezzo per poi riempire questi solchi con smalti, dopodichè il tutto viene cotto e lucidato. Una lavorazione riconducibile alla scuola e alla tradizione "limosina" (una tecnica dell'antica scuola di Limoges).

 



IL QUINIPONDIO BORGIANO SPARITO

1843 - Francesco Capranesi dice che Eckhel descrisse nella sua Sylloge il quinipodio nel seguente modo, in un grande modulo di forma quadrilatera, (in un lato) un'Aquila con le ali aperte che stringe con tenacia un fulmine; (dietro) un Pegaso volante sulla scritta ROMANOM. - Sembra che nel trasporto è sparito l'originale.





Testata (stilizzata): Lamina Volsca o Tabula Veliterna, rinvenuta nel 1784 a Velletri, ebbe grande risonanza nel mondo antiquario dell’epoca, ed ancora oggi resta un documento di fondamentale importanza per lo studio della lingua dei Volsci. Si tratta di una lamina di bronzo iscritta il cui testo, che usa l’alfabeto latino, corre su quattro righe, e contiene un nucleo giuridico ed una cornice amministrativa. Questa ha una parte iniziale riconducibile alla dea Declona ed una sezione finale relativa all’esecuzione dell’atto giuridico sacro emanato da due meddices locali “Egnatus Cossutius figlio di Seppius, Marcus Tafanius, figlio di Gavius”.



Gli oltre 600 pezzi unici e rari sono sparsi per:
Biblioteca Vaticana - Vaticano
Real Museo Borbonico di Napoli
Museo di Capodimonte - Napoli




Il ritorno a casa dopo quasi 2 secoli.


La salma del Cardinale Stefano Borgia rientra nella sua Velletri la sera delle Sacre Ceneri il 13 febbraio 2002, viene accolto con tutti gli onori nel Tempietto del Sangue. Grande riconoscenza è rivolta a Luca Leoni che contro tutto e contro tutti ha voluto questo rimpatrio, il mio grazie personale all'amico Luca che lavora per la città con solerzia gratuita anche contro apatia e invidia continua di chi non ha midollo.

La salma del Cardinale Stefano Borgia è nella Cattedrale di San Clemente nella cappella di San Geraldo con il picchetto d'onore. Febbraio 2002

La salma del Cardinale Stefano Borgia viene tumulata nella Cattedrale di San Clemente, nella cappella della Visitazione, anticamente appartenuta alla famiglia Borgia e oggi dedicata a San Vincenzo de’ Paoli. Febbraio 2002




‘O  SIENTIMENO  DE  PEZZA
- lettera al Cardinale -

All’incomincio d’ ‘o mill’ottocento
propa quanno ‘o secoglio nascea,
‘n velletrano co’ tanto sientimento
fora d’ ‘a patria sia se ne morea,

e Pezza che curea p’ ‘a sérva scura (1)
‘ndo pare che ce stea accossì bene
e gnente glie mettea cossì pavura
te scrivea pe’ rescì da chelle pene,

‘ncomenzenno cossì: - Vostr’Amminenza
te l’aricuordi comm’era ‘a tera tia
mo’ da po’ d’agni più gniciun ce pienza
‘n ci’abbasterà nemmanco l’ammenistia.

Llà, penzei a li profumi e a li sapori
‘e cose bbelle che ‘n te si portato
‘ntanto te stenno ‘mpietto i dolori
mentre fora de casa tia te si ‘mmalato

e quanno Cremente t’ha girato ‘ntorno (2)
solo pe’ ditte: - Si ‘rivato…  vecchio!?!-
L’ora t’è passata annanzi co’ ‘n seconno
serenno ‘e pennazze(3) e bonanotte a’o secchio.-

- E de ti Settimo Pio mo’ che ne penzo? (4)
Che è venuto co’ tti fora de stato,
ammischi ‘o carbone co’ ‘o ‘ncenzo
ma è muorto da ‘mporo disgraziato,

scarozzennote ‘n giro co’ Napoglione,
pe’ accoronallo, puro se ‘nvitato,
‘orissi cambià o’ ncenzo co’ carbone
ma da l’ortr’Arpe n’ ‘o si riportato.

Mo’ t’aretrovo sdelongo su a’ ‘o Tempietto
pe’ po’ scegne co’ carma giù da bballe,
si arevenuto pe’ ‘o tio vieccio glietto
ma te ficcheranno drento ‘n bucio abballe.

Rivenghi da ‘n paese che ‘n conoscio,
si ‘n ome che ci ha dato tant’onore,
piagno, me siento tristo e miezzo moscio
me dole ‘o pietto e me se stregne ‘o core.-



1)  Michele Pezza detto Fra Diavolo, generale e bandito
2)  23 novembre il giorno della morte di Stefano Borgia
3)  chiudendo gli occhi
4)  Papa Pio VII promotore del viaggio in Francia

13-24 febbraio 2002         Moreno